Il controesodo degli Erasmus tra valigie piene e nostalgia

Vacanze finite per decine di studenti degli atenei d’oltreconfine e ragazzi alla pari. A Beatrice mancheranno spritz e frigo pieno. Rachele rimpiange pure la nebbia

TRIESTE A pochi giorni dall’Epifania, i residenti del Friuli Venezia Giulia stanno ritornando lentamente alla routine di ogni giorno, fra email da scrivere, alberi di natale da inscatolare e promesse di un’eventuale iscrizione in palestra da mantenere. Nello stesso momento, Rachele sta caricando la valigia sul Flixbus, Laura sta perdendo l’ultima coincidenza del treno e Beatrice sta sperando che la hostess di Ryanair ignori la sua valigia un po’ troppo pesante. Tutte e tre le ragazze hanno una cosa in comune: stanno salutando il Nord Est alla fine delle ferie.

Sono studenti Erasmus, ragazzi alla pari, o semplicemente fuorisede. Parlano inglese, spagnolo e bergamasco (perché anche questa, alle orecchie di chi è nato e vissuto in Fvg suona come una lingua straniera). I millennials friulani sono dinamici, intraprendenti e con la valigia sempre in mano. Ma quali saranno le sensazioni di questi giovani nei loro viaggi di ritorno lontano dalle sponde dell’Isonzo?

Oltre allo Spritz, il frigo pieno e la cucina di mamma, a Beatrice Bosch, 22 anni, ragazza alla pari a Londra, manca immensamente la semplice tradizione di mangiare seduti a tavola. «In Inghilterra ognuno mangia quando ha fame e molto spesso in piedi ed in fretta - spiega -. Essere tornata a casa per Natale mi ha dato una sensazione di tranquillità. Per un attimo, avevo quasi la sensazione di non essere mai partita perché qui niente è cambiato». Chi è cambiato invece è proprio lei: «Mi sento più matura, coraggiosa e indipendente. Da quando sono partita ho capito che riesco a cavarmela da sola. Già questo è un grande traguardo».

Dopo aver sperimentato la vita frenetica della metropoli di Londra, quando le viene chiesto se le piacerebbe ritornare stabilmente a casa, Beatrice sembra avere le idee chiare: «Mi piacerebbe tornare in Italia, ma non in Friuli. Ho bisogno di stimoli; se resto qui mi annoio».

Chi invece sembra avere idee opposte è Chiara Petean, 24 anni, ex studentessa fuori sede che ha trascorso tre anni a Bergamo. Da qualche mese ormai, ha fatto ritorno alle terre native, che, secondo lei, non hanno rivali in termini di semplicità. «Tornare mi ha ricordato le volte in cui rientri a casa da scuola e hai un fame che ti mangeresti anche i mobili della cucina - scherza -. Laggiù scorre tutto più veloce. Casa invece è un posto magico. Ma torno comunque con un nuovo paio di occhi e le mie consapevolezze sono delle nuove opportunità da sfruttare».

Dopo tre anni all’Università di Udine, Rachele Simonit, 24 anni, ha deciso che era arrivato il momento di cambiare. A settembre si è trasferita a Pisa per frequentare un corso di laurea magistrale e questo è stato il suo primo ritorno a casa in veste di fuorisede. Del Friuli, oltre che i suoi amici, le mancano le montagne, i sapori e anche la nebbia. “Da quando sono partita, mi sembra quasi di vivere in due mondi paralleli perché ormai entrambi i posti per me sono casa.”

Nonostante Rachele voglia ritornare eventualmente in Friuli, il suo “campo base”, ben sa che in futuro, i suoi sogni lavorativi potrebbero portarla lontana da casa. Proprio per questo vede la nuova esperienza come una palestra di vita per crescere e imparare. In viaggio verso Pisa, Rachele racconta come ha vissuto il suo breve ritorno in Friuli: «La sensazione che ho, paradossalmente è quella di essere andata in vacanza. Sembra assurdo ma ormai vado in vacanza a casa mia. Riabbracciare la mia famiglia dopo un periodo lontani, mi ha dato la giusta serenità perché è importante sapere che quando torni indietro c’è sempre qualcuno ad aspettarti».

Cristian Stocco, 24 anni, è seduto su una panchina d’aeroporto nella fredda Göteborg, in Svezia. A differenza degli altri, per lui è il momento di tornare in Friuli. Quasi alla fine del suo programma Erasmus, Cristian approfitta delle sue ultime ore all’estero per tirare le somme. «Quando sono partito per l’Erasmus, stavo cercando di trovare il mio posto nel mondo - racconta -, e ho capito quanto sono legato alla mia terra natia e alla tranquillità paesana». Al pensiero di ritornare in Friuli, Cristian prova sia gioia che malinconia. Se da una parte si dice felice di poter rivedere i propri cari per condividere le mille avventure di quest’esperienza, dall’altro, non si sente pronto a dover lasciare i nuovi amici che vengono da ogni dove nel mondo.

Anche per Laura Ostir, 24 anni, come per gli altri ragazzi, il Nord Est è sinonimo di pace. «Anche se Bergamo mi offre più opportunità, casa mia la vedo come un rifugio presso il quale mi posso ricaricare». Ormai al suo quarto anno come studentessa fuori sede, da altrettanti anni è in costante conflitto con le ferrovie, grazie alle quali i treni persi si sono rivelate di più di semplici metafore. «Questa volta vado via in bus», rassicura. Ancora alla ricerca del suo posto, Laura non è ancora sicura quando e se vorrà tornare in Friuli. «Al momento la priorità è quella di crearmi la mia indipendenza e di avviarmi verso la mia strada ed il mio percorso».

Incerti, nostalgici e affamati. Questi sono alcuni dei volti affannati che incontrerete alla fermata del bus o alla stazione del treno in questi giorni. Mentre trascinano valigie un po’ troppo pesanti, non solo per i vestiti, i friulani fuori sede corrono verso l’ignoto dopo essersi ricaricati nella tranquillità del rifugio natale. Partono per scoprire, per realizzarsi e forse, per tornare. —




 

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