Il Consiglio regionale si divide sulla specialità del Fvg
TRIESTE. Autonomia portami via. Ieri pomeriggio il Consiglio regionale ha dibattuto ancora una volta del futuro della specialità del Fvg, in un lunghissimo pomeriggio in cui l’opposizione ha puntato il dito contro la “moda romana” orientata all’accorpamento delle Regioni e la presidente Debora Serracchiani ha negato ogni pericolo, accusando la minoranza di essersi incaponita «sul contenitore della specialità per non doversi confrontare con il suo contenuto, ovvero sul come usarla». Un prolungato faccia a faccia che, di fatto, ha fatto emergere i contrasti interni all’assemblea senza portare all’assunzione di atti particolari.
Oggetto del contendere era l’ordine del giorno presentato dal capogruppo di Ncd Alessandro Colautti che, assieme al collega Paride Cargnelutti, aveva chiesto la convocazione di una riunione speciale del consiglio: fattore scatenante un altro ordine del giorno, quello con cui il senatore democratico Raffaele Ranucci ha impegnato il governo (che ha fatto proprio il testo) a considerare l’opportunità della riduzione del numero delle Regioni. Il testo presentato da Ncd chiedeva, tra le altre cose, di intervenire presso il governo per evitare il realizzarsi del disegno ranucciano e di creare un organismo «dedicato a redigere una proposta di riscrittura dello Statuto attraverso un processo partecipato che rinnovi il Patto sociale fra società e istituzione del Fvg che sappia cogliere la sfida di un rinnovato modo di intendere l’autonomia».
Nel suo intervento di apertura Colautti ha definito «gravissima» l’ipotesi di ridurre le Regioni, invitando il Consiglio a prendere una forte posizione unitaria. Con queste basi, come prevedibile, un po’ tutto l’arco consigliare si è sentito in dovere di intervenire. Questioni di sintesi rendono impossibile riproporre il dibattito per intero, sicché eccone alcuni estratti. Vincenzo Martines del Pd ha contestato le parole di Colautti: «Sono un po’ sorpreso. Finora su questo tema il Consiglio si è espresso con la massima unità combattendo alcune tendenze in atto. La mossa di Colautti mi pare volta a creare una divisione che non esiste».
Claudio Violino, ex leghista oggi nel Misto, si è espresso in lingua friulana come sua consuetudine. Dopo aver definito la vicenda un «cjaval di Troie», se non addirittura un «dinosaur di Troie», si è detto disponibile, «da friulanista convinto, a la specialità anche assieme a Trieste se necessario». Tra le tante altre prese di posizione quella di Riccardo Riccardi, capogruppo di Forza Italia: «Dobbiamo capire a chi dobbiamo credere: al capogruppo del Pd alla Camera, Ettore Rosato, che ha sostanzialmente prefigurato l’istituzione delle macroregioni, oppure alle rassicurazioni della presidente Serracchiani, la quale ha garantito che il Friuli Venezia Giulia manterrà la sua autonomia?». Riccardi si è detto pronto ad abbandonare il suo partito qualora dovessero prevalere le tendenze centraliste, «spero che questo discorso valga anche per l’altra parte politica».
Elena Bianchi del M5S ha invitato ad allargare il dibattito alla cittadinanza. Nella sua risposta Serracchiani non ha risparmiato sui termini («mi viene l’orticaria soltanto al pensiero dell’ennesimo tavolo permanente») e ha dichiarato: «C’è stato effettivamente un momento in cui la nostra specialità è stata a rischio. Ma quel momento è stato ormai superato, e superato brillantemente». Ora, ha aggiunto, «la specialità del Friuli Venezia Giulia si difende non guardando al passato, alle sue origini e alla sua storia, ma esercitandola concretamente, giorno per giorno. E noi lo stiamo facendo». Serracchiani ha chiesto di non votare l’ordine del giorno, che però è stato messo ai voti e bocciato dalla maggioranza (pur col “sì” del M5S): «Potevamo evitarlo - ha commentato la presidente -. Credo invece che su questi temi non ci dobbiamo dividere e anzi lavorare assieme: su questo c’è la nostra disponibilità».
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