Il Consiglio regionale “sente” la piazza e non rivaluta i vitalizi

L’Ufficio di presidenza blocca l’adeguamento automatico al costo della vita: «Giusto tener conto della crisi e della disoccupazione. Ne discuteremo in aula»

TRIESTE. Il Palazzo stavolta ci ripensa e, anziché ritoccare all’insù le pensioni degli ex consiglieri, decide di congelare la questione e di rimandare tutto all’aula. Con un avvertimento: meglio non fare passi azzardati, l’opinione pubblica non la prenderebbe affatto bene. Nessuna revisione, dunque, ma c’è mancato poco. Perché, in effetti, una legge regionale prevede la rivalutazione annuale dell’importo lordo sull’indice medio del costo della vita, accertato dall’Istat, con la conseguente variazione dei vitalizi, come noto aboliti a inizio legislatura. Se l’Ufficio di presidenza avesse seguito alla lettera la propria norma, avrebbe dovuto alzare dell’1%, stando alle stime, la quota riferita all’indennità base dei parlamentari fissata al gennaio 2011 (circa 11 mila e 700 euro), su cui erano correlate le “pensioni” degli eletti di piazza Oberdan. Concretamente si sarebbe trattato di un aumento di pochi euro, se si considera che il vitalizio varia da un minimo di 1.642 a un massimo di 4.700 euro a seconda del numero di legislature. Un impatto trascurabile per il singolo, ma non per le casse pubbliche dal momento che la voce “vitalizio” pesa sul groppone della Regione per 9 milioni di euro l’anno.

Alt, hanno detto i consiglieri, scegliendo di sospendere l’applicazione del provvedimento che, peraltro, sta subendo già una moratoria di due anni. Se ne riparlerà in Consiglio regionale in una delle sedute delle prossime settimane, quando l’aula dovrà ridefinire il quadro normativo. «Davanti al perdurare delle crisi e della disoccupazione, oltre alle difficoltà in cui versano i cittadini e gli imprenditori del territorio, ci è sembrato certamente inopportuno incrementare i vitalizi che derivano dall’attività politica delle passate legislature», commenta il vicepresidente del Consiglio regionale Igor Gabrovec. «Ricordo che nemmeno le indennità degli attuali consiglieri in carica – aggiunge l’esponente della minoranza slovena – prevedono alcun meccanismo di rivalutazione».

Il vitalizio è stato cancellato nell’ultima legge sui costi della politica: i nuovi eletti si sono visti eliminare, su spinta della presidente Serracchiani, un privilegio che si prolungava da decenni. La Regione permetteva di incassare la “pensione” già a 55 anni con la possibilità averla già a 50. Il limite si è alzato nel 1995: vitalizi a 60 con anticipo eventuale a 55, rinunciando però al 5% dell’assegno per ciascun anno dai 55 ai 60. L’elenco dei fortunati è lungo: ci sono in totale 153 ex consiglieri regionali che, mese dopo mese, ricevono dai 1.642 ai 4.700 euro al mese. I famosi “diritti acquisiti” della vecchia casta regionale. Un benefit che era tornato ad occupare le colonne dei giornali proprio recentemente quando una decina di ex, per non correre il rischio di perdere i soldi accantonati (magari chi al vitalizio da consigliere somma pure quello di parlamentare), ha bussato alle porte del Palazzo per chiedere indietro la quota versata durante il mandato, vale a dire il 19% sull’indennità percepita ogni mese. Un’opzione ampiamente indicata nelle norme del Friuli Venezia Giulia.

A conti fatti piazza Oberdan ha dovuto sborsare ben 2 milioni. Per le casse pubbliche, che liquidando subito la cifra non devono più mantenere avanti il gruppetto, rappresenta un risparmio a lungo termine. Un privilegio che si tramandava: la “pensione” che un consigliere maturava fino alla scorsa legislatura consentiva la reversibilità della somma al coniuge o al convivente more uxorio. Per far scattare il meccanismo bastavano 5 anni di legislatura (o 36 mesi con l’integrazione), il compimento dei 60 anni (55 con la riduzione del 5%) e il versamento del 17% dell’indennità mensile. Per attivare la reversibilità si doveva aggiungere un ulteriore versamento del 2% (212,89 euro): in questo modo il 60% della “pensione” veniva mantenuto in famiglia pure dopo la morte dell’eletto . Sono una cinquantina le vedove che incassano ancora l’assegno della Regione.

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