Il Consiglio d’Europa striglia la Slovenia ma Janša risponde: colpevoli gli ex titini
LUBIANA A giudicare dalla scomposta quanto lunga risposta del governo sloveno guidato dal premier Janez Janša (destra populista) alla “bacchettata” del Consiglio d’Europa sui rischi che nella gestione della crisi determinata dalla pandemia di coronavirus vengano lese alcune delle fondamentali libertà e principi della democrazia nonché dello stato di diritto e della libertà di stampa, sembra che l’appello rivolto all’organismo europeo dal gruppo delle Ong (che vigilano sul rispetto della libertà di pensiero) proprio sui tali pericoli - circostanziatamente in Ungheria, Slovenia e Repubblica Ceca - abbia fatto centro.
Una risposta che recita sempre il solito ritornello “jansciano” che in poche parole si può riassumere in un: «È tutta colpa dei comunisti, meno male che ora ci siamo noi». «La maggior parte dei media più importanti proviene dall'ex regime comunista - si legge infatti nella risposta dell’esecutivo sloveno - anche alla fine degli anni '90, alcuni ex membri della famigerata polizia segreta, Udba, erano redattori». Si aggiunge poi che fino al 2004 l'emittente di servizio pubblico della Slovenia (Rtv Slo) era «gestita da ex strutture comuniste».
La missiva del governo Janša sottolinea poi che tutti i tentativi di creare nuovi media che non fossero basati sull'eredità del passato totalitario sono falliti, dal momento che non hanno ricevuto entrate pubblicitarie sufficienti e l'unico sopravvissuto è stato il settimanale religioso Ognjišče perché sostenuto dai fedeli con i loro contributi. La situazione, ma guarda il caso, è cambiata in parte tra il 2004 e il 2008 - il periodo del primo governo di Janez Janša - quando «in alcuni media finanziati da tutti i cittadini hanno preso l'iniziativa persone che non erano affiliate al precedente partito totalitario».
Ma nel 2008, quando il potere è stato assunto dal governo di Borut Pahor (socialdemocratico), «vi fu un'enorme pressione su tutti i redattori e i giornalisti che non facevano parte della precedente rete del regime». Il governo Janša, nella sua replica al Consiglio d’Europa, menziona i casi dell’agenzia di stampa Sta e di Rtv Slo, aggiungendo che simili azioni erano state condotte anche nei media privati, in cui i redattori critici sono stati rapidamente rimossi dalle loro posizioni principali.
Nel frattempo, secondo la lettera, è avvenuto il consolidamento della proprietà dei media, la maggior parte di essi, con il consenso dei governi di sinistra, furono venduti a individui noti al pubblico sloveno come magnati, molti dei quali erano membri del Forum 21 (think tank di sinistra ndr.). Il governo sottolinea inoltre che non è stato insolito che alcuni giornalisti, acerrimi nemici dei partiti non allineati al vecchio regime titino siano stati ricompensati politicamente: e fa i nomi di Tanja Fajon e Irena Jovevo, europarlamentari del centrosinistra.
Alla fine c’è spazio anche per un tagliente cinismo nei confronti del Consiglio d’Europa e precisamente quando nella lettera si legge come il governo di Lubiana sia lieto che la Slovenia sia finalmente diventata un oggetto di interesse internazionale quando si parla di libertà dei media. E, ciliegina sulla torta, la malcelata minaccia alla tv pubblica quando si parla di «un grande spreco di risorse» di Rtv Slo, che «ha impiegato 400 persone negli ultimi dieci anni, in un momento in cui altri media stanno lottando per sopravvivere e persino licenziando i giornalisti» . Insomma nella risposta alla bacchettata sulla libertà di stampa il governo Janša minaccia neanche tanto velatamente la tv pubblica di tagli dei giornalisti che l’editore Stato, ossia Janša, ritiene troppi. O forse solo poco ...allineati. La libertà ai tempi del coronavirus. Chapeau. —
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