Il compagno di cella mette in vendita i segreti di Console
di Claudio Ernè
Sono stati compagni di cella per più di due mesi nel carcere di Gorizia; sono difesi dagli stessi avvocati udinesi. Ma ieri i percorsi finora paralleli di Giuseppe Console, l’assassino di Giovanni Novacco e Cristiano Zorzin, 38 anni residente a Ronchi e coinvolto in piccoli episodi di spaccio furti e resistenze, si sono divaricati.
Hanno preso direzioni diverse, perché Zorzin, uscito da un paio di giorni dal carcere di Gorizia, ha cercato di vendere a giornali e rotocalchi le informazioni riservate, le paure, le confidenze di cui era venuto a conoscenza nelle lunghe ore passate assieme a Giuseppe Console nella stessa cella. «Vi posso raccontare cosa ha scritto sul muro. Sono io che gli ho tolto il cappio che aveva attorno al collo. Io gli ho consigliato di cambiare avvocato e gli ho detto cosa doveva fare» ha detto al telefono dopo aver chiamato la redazione del Piccolo.
Per queste “rivelazioni”, tutte da definire nella loro veridicità e nei loro contenuti, Cristiano Zorzin ha chiesto un “piccolo aiuto”. Dopo essere stato rassicurato verbalmente al telefono, ha lasciato passare un decina di ore e a breve distanza dall’incontro che doveva svolgersi in una piazza di Trieste, accanto a un monumento ha iniziato progressivamente ad alzare il prezzo della sue confidenze carcerarie che avrebbero dovuto fare luce su molti dettagli della vita in comune con Giuseppe Console. Primo fra tutti lo stato psichico del suo ex compagno di cella.
Per essere più convincente Cristiano Zorzin ha cercato di mettere all’asta le sue confidenze. Ha detto di essere in contatto con un rotocalco popolare di cui ha fatto anche il nome. «E’ uno scoop, quello che posso dire a voi del Piccolo vale almeno...» E ha definito la cifra che doveva essergli versata per l’esclusiva. «Gli altri me la danno». Peccato che la testata citata dall’ex detenuto abbia da tempo interrotto le pubblicazioni. Poi Cristiano Zorzin si è detto disponibile - proprio per il Piccolo- ad uno sconto del 40 per cento. Come risposta ha ottenuto un deciso “no” e subito dopo ha interrotto la comunicazione.
Non è chiaro se l’ex compagno di cella di uno dei due “indagati” per il sequestro e l’omicidio di Giovanni Novacco, mirasse a ottenere unicamente qualche centinaio di euro da mettersi in tasca in un momento sicuramente difficile sia sul piano umano che su quello finanziario. Forse puntava anche a qualcosa d’altro. Ad esempio a effettuare rivelazioni sensazionali - che una volta diffuse da un giornale - potevano rimescolare o intorbidare le acque di una vicenda a tutt’oggi al vaglio del pm Massimo De Bortoli e degli investigatori della Squadra Mobile diretti dall’ispettore Roberto Della Mea. Forse cercava di monetizzare la fatica di aver passato con un assassino tante ore nello spazio ristretto di una cella.
Ma quel compagno di cella in qualche modo lo aveva scelto proprio lui. A Zorzin, quando Giuseppe Console era uscito dall’isolamento era stato prospettate due soluzioni entrambe conseguenza del sovraffollamento delle carceri. «O vai con quattro russi o con chi ha seviziato e ucciso un ragazzo di 21 anni». L’uomo che voleva rivelare chissà quali segreti aveva scelto questa sistemazione.
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