Il colosso carinziano Wietersdorfer salva un “pezzo” della Italcementi
TRIESTE Italcementi riapre il cancello di via Caboto 17, dopo averlo chiuso l’11 gennaio scorso. Anche se certamente non si può parlare di una riapertura trionfale, farcita di nuove produzioni: l’ultrasessantenne stabilimento, che esordì nell’estate 1954 quando Trieste era ancora soggetta al Gma, fungerà da semplice base logistico-commerciale del gruppo carinziano Wietersdorfer, interessato a rafforzare la presenza in Italia, a partire dall’area nordorientale dove già conta robusti presidi.
Nei giorni scorsi è stato definito l’accordo tra Bergamo (quartier generale Italcementi) e Klagenfurt (stato maggiore Wietersdorfer), per cui l’azienda austriaca - riepilogano fonti imprenditoriali giuliane - si è impegnata a locare circa metà dell’area, più o meno coincidente con la porzione della fabbrica non ancora dismessa. «Affitto di un ramo d’azienda dedicato allo stoccaggio e commercializzazione di cemento in Trieste», recita una nota aziendale.
L’attività di magazzinaggio occuperà 5 addetti, per altri 11 si parla di ricollocazione in diverse realtà produttive. L’ammontare annua della locazione viene ufficiosamente stimata attorno a 1,5 milioni di euro. L’intesa tra le parti contiene anche l’opzione per un subentro austriaco in altri siti produttivi Italcementi, afferenti alla controllata Calcestruzzi.
Per la verità il nuovo riferimento triestino sarà gestito da una controllata slovena del gruppo Wietersdorfer, la Salonit Anhovo, uno storico cementificio risalente al 1921, costruito nel paese di Anicova sull’Isonzo, non distante dal confine con l’Italia. Il brand cementiero sloveno si cimenta nello sport e dà il nome a una compagine pallavolistica.
Wietersdorfer ha un curriculum ultracentenario, che introduce numeri interessanti: il fatturato del 2018 è di 651 milioni di euro, gli addetti nei vari Paesi presidiati supera le 2.700 unità. L’attività, guidata da una famiglia giunta alla quinta generazione imprenditoriale, si articola su più settori, riguardando non solo il cementiero ma anche la produzione di tubi (oltre 50% del fatturato).
Anche due aziende regionali, la W&p cementi e la Friulana Calcestruzzi, fanno parte del gruppo carinziano, per il quale ricavano circa 35 milioni: tra i committenti gli ospedali di Trieste, Udine, Pordenone e la terza corsia sulla Venezia-Trieste. Per esattezza, sono sei le società operanti nel comparto cementiero che sono inserite nel perimetro Alpacem: due italiane, due austriache, due slovene.
Italcementi e Wietersdorfer, nel preparare l’operazione, si sono avvalsi di consulenti giuridico-fiscali: Klagenfurt è stata assistita dagli studi udinesi Ponti & partners e Arkimede consulting, mentre Bergamo è stata seguita dallo studio romano-milanese SabelliBenazzo. —
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