Il collega: all’inizio nessun sospetto, poi è spuntata la lama

TRIESTE
«È entrata nel salone principale della banca, si è guardata intorno per un istante, ha lanciato lo zainetto sulla mia scrivania e poi si è gettata verso la mia collega con un coltellaccio in mano». Giuseppe C., dipendente della Banca di Roma, rivive i drammatici istanti del tentativo di rapina. «Non ha detto una parola - ricorda ancora con lucidità il bancario - e, approfittando della posizione della scrivania a ridosso del muro, si è riparata alle spalle della mia collega bloccandola con un braccio. E, al tempo stesso, puntandole alla gola il coltello da cucina. Dal suo atteggiamento, abbiamo capito subito che si trattava di una persona disturbata e questo elemento aggiungeva ulteriori motivi di pericolosità a una situazione già estremamente delicata. Tuttavia - spiega ancora l’impiegato - la donna sembrava estremamente fredda e determinata. Non ha mai alzato la voce, si esprimeva in maniera chiara e ha chiesto immediatamente un bonifico esibendo un foglio con un numero di conto corrente già impresso sopra».


A quel punto, l’unica incertezza della rapinatrice. «Quando le abbiamo chiesto la cifra, assecondandola. È rimasta perplessa per qualche secondo. Poi ha voluto 500mila euro». Tutto aveva avuto inizio intorno alle 8.40, quasi in concomitanza con l’apertura degli sportelli. «Per fortuna non era entrato ancora alcun cliente. Nel salone eravamo in 13, tutti membri del personale. Altri colleghi, invece, lavoravano ai piani superiori. Poi l’azione repentina di questa persona alla quale, tuttavia, tutti noi abbiamo reagito con estrema calma, dimostrando grande sangue freddo. Nessuno si è mosso, rispettando le disposizioni della direzione che invitano a non ostacolare mai l’azione di eventuali rapinatori per garantire l’incolumità di noi stessi, dei colleghi e di eventuali clienti».


L’allarme è scattato in maniera repentina. «Inizialmente nessuno si era insospettito e credo che il coltello fosse occultato all’interno del giubbotto - spiega Giuseppe C. - I suoi sono stati gesti fulminei e senza isteria, quasi si trattasse di una professionista. L’unica stranezza di questa persona erano le sopracciglia dipinte di azzurro e un pallino dello stesso colore al centro della fronte, simile a quelli della tradizione indiana. Credo anche che abbia scelto una donna come ostaggio ritenendola più facile da gestire fisicamente mentre il muro alle spalle le garantiva anche un riparo da eventuali reazioni. Io ero il più vicino e, con il passare dei minuti, ho avuto la sensazione che in sala fossero entrati degli uomini provenienti dall’esterno, ovviamente in borghese e con un atteggiamento piuttosto professionale. A quel punto ho avuto la conferma che le procedure di allarme erano scattate regolarmente e, perciò, le trattative portate avanti dai responsabili della filiale potevano proseguire con maggiore serenità».

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