Il censimento impossibile dell’esercito dei pendolari fra Trieste e Slovenia
TRIESTE È un fenomeno fluido e difficile da quantificare quello del “pendolarismo al contrario”. Non esiste infatti un numero preciso dei triestini che negli ultimi anni hanno preferito trasferirsi oltreconfine. E la ragione risiede nel fatto che una parte di loro non risultano censita Alcuni neoresidenti in Slovenia, infatti, vivono ancora in una condizione di irregolarità, sommerso e non dichiarato. In pratica c’è chi possiede una casa o un terreno in Slovenia, ma continua a mantenere la residenza in Italia tanto che, per avere un censimento esatto di quanti italiani vivano a ridosso del confine, sarebbe necessario effettuare una verifica Comune per Comune. Un’operazione non da poco e che comporterebbe il monitoraggio di una zona che va dal Collio sloveno al Buiese. . Ma un numero, seppur approssimativo, c’è e lo fornisce Michele Berti, responsabile di Eures Uil Fvg: «Dal 2004 il Comune di Trieste ha censito circa mille famiglie che hanno abbandonato la propria casa in Italia, dove però continuano a lavorare, spostando la residenza appena oltre confine». Almeno come 2.500 triestini, quindi, fanno i pendolari fra città e l’altipiano o il litorale capodistriano. Senza contare i numeri (ancora minimi) di persone che da Trieste si sono spostate nella zona di Buie e Umago. Un dato arrotondato certamente per difetto e che molto probabilmente supera le 3 mila unità considerando anche chi vive in Slovenia pur senza risiedervi ufficialmente.
Una problematica, quella della residenza, dalla doppia interpretazione. Se, infatti, da una parte la legge slovena prevede che dopo 6 mesi si possa acquisire la residenza fiscale, dall’altra il diritto italiano consente a un suo cittadino di mantenere la residenza in Italia pur lavorando e risiedendo per più di sei mesi all’estero. «In pratica è sufficiente conservare la residenza a casa dei genitori per continuare a mantenerla in Italia» spiega ancora Berti.
Ma quali sono i criteri con i quali si può comprare una casa in Slovenia attraverso un mutuo? Innanzitutto è necessario aprire un conto presso un istituto di credito sloveno. Poi bisogna consegnare alla banca slovena il proprio profilo creditizio di buon pagatore (da richiedere alla CRIF) e la dichiarazione dei redditi presentata all’Agenzia delle Entrate, da unire alle buste paga in originale e al certificato attestante il non rischio di fallimento del proprio datore di lavoro (o la propria azienda). Una volta consegnati questi documenti il mutuo si può ottenere in tempi ragionevoli.
Ma gli sloveni come vedono questi “italiani di ritorno”? «Dipende dall’età e dalla zona geografica - ci spiega Damiano Fischer, rappresentante della Comunità Nazionale Italiana a Capodistria -. Gli italiani che si stabiliscono in territori tradizionalmente bilingui (per intendersi la zona che va da Ancarano alla Dragogna) sono accolti diversamente rispetto a quelli che si sono trasferiti sull’altipiano. Sulla costa non ci sono grossi problemi per chi parla solo l’italiano, mentre a Sesana, a Cosina o a Lokev il discorso è molto diverso. Così com’è diversa la percezione di questi nuovi residenti da parte di un giovane rispetto a quella della generazione che va dai 60 anni in su - spiega ancora Fischer -. Per i più giovani il concetto di confine è superato e non lo vedono più come un problema, al contrario di quanto accadeva per le generazioni precedenti. La percezione è molto cambiata - conclude Fischer - e negli ultimi anni l’italiano che viene a vivere qui non è più visto come un “elemento di fastidio” dagli sloveni». —
L.D.
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