Il caso Wärtsilä di Trieste secondo l’economista Cipolletta: «Non è una fuga ma una strategia»

L’analisi di Innocenzo Cipolletta, presidente dell’Aifi (Associazione Italiana del Private Equity)
Piercarlo Fiumanò
Innocenzo Cipolletta
Innocenzo Cipolletta

TRIESTE Innocenzo Cipolletta, fra i più ascoltati economisti italiani, è presidente dell’Aifi (Associazione Italiana del Private Equity). Nel corso della sua carriera è stato anche presidente delle Ferrovie dello Stato (dal 2006 al 2010), della Marzotto e direttore generale di Confindustria dal 1990 al 2000.

Cipolletta, un grande gruppo industriale come Wärtsilä si ritira da Trieste. Come lo spiega?

Non conosco a fondo le ragioni. Tuttavia mi sembra che la decisione di Wärtsilä di riportare a casa in Finlandia la produzione dei motori a quattro tempi abbia motivazioni soprattutto industriali e di mercato. Non siamo di fronte a un fenomeno di reshoring, che sta caratterizzando le strategie industriali nel post-pandemia, anche a causa della difficoltà nelle catene della logistica mondiale. Reshoring significa spostare le produzioni da Paesi che oggi sono a rischio economico più elevato in mercati meno insidiosi dal punto di vista commerciale. Non mi pare il caso triestino.

Per quale ragione?

La presenza del gruppo finlandese a Trieste si fonda proprio su un contesto industriale favorevole, basti pensare ai rapporti con Fincantieri che con le sue navi da crociera è uno dei principali clienti dei motori Wärtsilä. E allora quale sarebbe il vantaggio competitivo di spostare la produzione a Vaasa? Mi pare che qui siano prevalenti motivazioni più di strategia industriale legate al volume degli ordini.

Trieste di fatto esce dalla mappa industriale del gruppo finlandese che ha spiegato lo strappo con la necessità di «centralizzare la presenza manifatturiera in Europa per migliorare ulteriormente la competitivita». Cosa ne pensa?

Bisogna capire come sono cambiate le strategie industriali di Wärtsilä in relazione alla domanda industriale. É possibile che in questo cambio di rotta ci sia la necessità di consolidare la propria presenza produttiva in vista, come dicono, di una nuova organizzazione europea. Non ci vedo insomma una scelta politica legata al rischio Italia.

In Italia vale ancora la pena investire...

Ai finlandesi non sarà certo sfuggito il fatto che l’Italia, dal punto di vista dei costi di produzione, oggi è molto competitiva. I nostri salari sono già bassi, il Paese cresce e la nostra bilancia dei pagamenti è positiva. Quindi la scelta di dismettere parte della produzione di motori per navi a Trieste non credo sia legata a un vantaggio competitivo che si ricava tornando a casa propria. Può dipendere invece dalle previsioni sul volume degli ordini oppure dalla necessità di una riconversione tecnologica. Wärtsilä sta sulla frontiera nella produzione di energia, un settore che oggi è al centro di una vera e propria rivoluzione ad esempio nell’utilizzo dell’idrogeno.

La scelta dell’azienda brucia 450 posti di lavoro, su un totale di 960. Sono tutti lavoratori altamente qualificati e competitivi. Trieste è solo l’inizio? Rischiamo altre crisi industriali nel Paese?

Per ora non vedo questo pericolo anche se la situazione è incerta. L’industria italiana sta andando bene ed è resiliente. Anche l’export è in ripresa. La crescita oggi è intorno al 2% peraltro molto lontana dai tassi pre-Covid. La produzione industriale e in aumento con una dinamica nella prima meta del 2022 che, pur rallentando, è ben superiore a quella tedesca e francese.

La recessione fa paura?

Aspettiamo di vedere se i venti di recessione diventeranno un fatto reale. Al momento preoccupa l’aumento dell’inflazione. Oggi la crescita dei prezzi è tale che sta drenando la capacità di spesa delle famiglie.

Le conseguenze economiche della guerra in Ucraina?

Speriamo che la guerra finisca il più rapidamente possibile. La crisi energetica provocata dalla guerra del gas potrebbero avere conseguenze serie. Questo inverno potremmo essere costretti a razionare i consumi di energia e ciò potrebbe provocare una caduta della produzione su scala globale. Soffrirebbe l’Italia ma anche il resto d’Europa.

E gli investimenti?

Il difficile scenario geopolitico e l’incertezza crescente anche in Europa spingeranno la spesa dei governi nell’industria della difesa. Tornando a Trieste colossi come Fincantieri e produttori di motori per le grandi navi come Wartsila, potrebbero investire di più nella produzione per il settore militare e in questo senso saranno in prima linea. L'industria italiana sarà in prima linea nella ricostruzione post-bellica in Ucraina.

Lei ha detto che la scelta di Wärtsilä non è legata al rischio Italia. Le dimissioni di Dreaghi sono state però accolte malissimo dai mercati e una crisi di governo potrebbe complicare molto.

Guardi le parlo da Londra dove si è aperta la transizione per individuare il successore del premier Boris Johnson. Mi pare che qui ci sia una crisi più seria di quella italiana. Non vedo nessuna ragione perchè Draghi, che ha una maggioranza in Parlamento, debba lasciare la guida del governo con le conseguenze che le lascio immaginare per il Paese.

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