Il "caso Vita Nuova" divide la Chiesa

E il settimanale diocesano "corregge" il vescovo: non vendiamo 90 copie, ma 900
TRIESTE.
Il mondo cattolico si sta dividendo. Il caso di ”Vita nuova” scoperchia delicati equilibri in bilico. Le palesi critiche espresse dal vescovo non solo sulla incriminata lettera pubblicata a Natale, ma sugli stessi sacerdoti che l’hanno firmata, creano da un lato fortissima perplessità, se non dispiacere, dall’altra un certo imbarazzo, e infine al polo opposto un allineamento con plauso.


Non ha parole di apprezzamento per la risposta del vescovo a Magris padre Mario Vit, autorevole direttore del Centro Veritas di via Monte Cengio, luogo in cui si dibatte di tutte le religioni e dove tutti i culti vengono spiegati, senza reticenza poi sui grandi temi etici del momento. «Con il vescovo Ravignani c’era un rapporto di grande trasparenza - dice il gesuita -, e ci ha sempre invitato a continuare su questi temi ”di frontiera”, anzi incoraggiandoci a proseguire in questa via autonoma e rischiosa.


Il programma delle nostre conferenze era stato sempre approvato con un anno di anticipo. Adesso - prosegue Vit - ho chiesto il parere per il prossimo programma e non l’ho ricevuto, l’ho sollecitato e mi è stato risposto che il vescovo non ha tempo, ho pregato per altre due volte ed è seguito silenzio. Nel frattempo i superiori della Compagnia di Gesù si sono detti entusiasti del nostro programma culturale e abbiamo avuto l’approvazione della Progetto cultura della Chiesa italiana di Roma. Come fratello maggiore, il vescovo dovrebbe accompagnare il lavoro di questo centro che è ufficialmente riconosciuto dalla Regione, invece per noi lavorare così porta rischi molto pesanti, ci muoveremo con difficoltà e con sofferenza».


Don Ettore Malnati, pur trovandosi all’estero, ha già un pensiero chiaro sulla delicata vicenda: «Il vescovo crede nel dialogo tra chiesa e società - dice -, ma la formazione culturale di chi conduce il dialogo dev’essere chiara, non è possibile non capire se uno sta da una parte o dall’altra». Il riferimento è sempre a loro, ai nove preti «di strada» e al loro intervento sul «Dio in cui non crediamo».


«Questi sacerdoti - dice don Malnati - presentano un loro messaggio di provocazione, a volte utile, ma non sempre ”l’elettroshock” è positivo, infatti Basaglia lo ha cassato. Rispettare la diversità non vuol dire umiliare una parte o l’altra, e loro a volte hanno una posizione più ideologica che ecclesiastica. Non possono essere una succursale di partito. Da una posizione ecclesiologica sono arrivati a una posizione ideologica».


Ma poi Malnati rivela un altro fatto, e cioé di essere stato egli stesso ”licenziato” da ”Vita nuova”, non appena Lorenzo Bellomi divenne vescovo. «Sempre i vescovi intervengono sul giornale, o cambiano direttore - afferma -, Bellomi licenziò addirittura tutta la redazione». Tutta quanta, e perché? «Perché avevamo preso posizione anti-Osimo, e per l’intrusione nel mondo ecclesiale di un potente partito cattolico. Ma noi - rivela Malnati - ci facemmo un foglio per conto nostro, pagato da noi».


Che cosa succederà adesso? Non si sa, ma don Ettore, espressa comunque la piena consonanza con Crepaldi, non si lancia a dire che i nove preti («che comunque stimo e rispetto») sono da censurare sul giornale della Diocesi.


«Io credo - riflette - che quando quella lettera arrivò, si sarebbe potuto pubblicarla ma con un commento a seguire, per distinguere le posizioni, o con un distico ”Riceviamo e pubblichiamo” che prendesse le distanze. Invece il vescovo ha visto cose che non vanno, e tutti si sono subito arroccati, per paura di perdere il potere. Garantisco - conclude Malnati - che il vescovo Crepaldi non è né un inquisitore, né un dittatore, vuole solo chiarezza».


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