Il caso Janša scatena la bufera sui giudici

Chieste le dimissioni dei magistrati che hanno condotto il processo. L’ex premier: «Servono riforme»
Il blindato Patria che tanti problemi ha creato al mondo politico della Slovenia (Delo.si)
Il blindato Patria che tanti problemi ha creato al mondo politico della Slovenia (Delo.si)

LUBIANA. Più che una sentenza, quella emessa dalla Corte costituzionale della Slovenia sul cosiddetto Affare Patria, è stato un vero e proprio terremoto che ha scosso la magistratura del Paese fin dalle fondamenta. In buona sostanza i giudici costituzionali hanno stabilito che nei tre gradi di giudizio, dal tribunale circondariale alla Corte suprema, i giudici non sono riusciti a provare l’atto preciso della corruzione per cui l’ex premier Janez Janša è stato condannato a due anni di carcere. E poi hanno altresì sentenziato che lo stesso imputato non ha avuto il diritto di essere sottoposto a un equo processo in quanto il giudice della Corte suprema, Branko Masleša ha rilasciato alcune dichiarazioni pubbliche proprio sul caso che stava esaminando.

Immediatamente, da più parti, si è alzata la voce contro i giudici chiedendone la testa, con nell’occhio del ciclone soprattutto Masleša. Ma i rappresentanti del Tribunale circondariale di Lubiana e della Corte suprema hanno immediatamente fatto quadrato e hanno risposto “no” alle richieste di dimissioni. A difendere i colleghi ci pensa anche la presidente del Tribunale circondariale di Lubiana, Vesna Pavli› Pivk che a Rtv Slovenija ha dichiarato che la sentenza dei giudici costituzionali non rappresenta una sconfitta per la magistratura slovena e che l’opinione pubblica sta leggendo in modo sbagliato la stessa visto che la Corte costituzionale non ha negato che ci si trovi davanti a dei fatti che violano la legge.

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Jansa (al centro) con il suo tablet

Vesna Pavli› Pivk dovrà ora anche decidere quale è il termine a partire del quale la vicenda giudiziaria dell’Affare Patria cadrà in prescrizione. Nel corso dei tre gradi di giudizio del processo, infatti, la legislazione slovena in materia è cambiata. Secondo la vecchia norma il processo andrà in prescrizione già nel mese di agosto di quest’anno. La Pavli› Pivk dovrà però prima leggere le 22mila pagine di cui si compone la motivazione della sentenza della Corte costituzionale prima di istruire il nuovo processo a carico di Janša e degli altri due co-imputati. Quanto tempo passerà? Difficile dirlo ora ma sicuramente non saranno tempi brevissimi.

«Servono urgenti riforme», così ha commentato il leader del Partito democratico (Sds) Janez Janša prima di scendere in piazza ad abbracciare i fedelissimi in un comizio proprio davanti alla sede del Tribunale di Lubiana. «La decisione della Corte costituzionale - ha precisato - giunge con un anno di ritardo», ricordando che del caso gli stessi giudici si erano occupati già nel giugno del 2014. «A quell’epoca i danni materiali e politici dell’Affare Patria erano ancora rimediabili visto che si era proprio alla vigilia delle elezioni politiche, ora non lo sono più».

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