Il Carso? Una fattoria a cielo aperto

DOBERDò DEL LAGO. Asini, mucche, torelli, capre e pecore. La collina carsica di Doberdò del Lago è diventata un’immensa fattoria di animali, adottata da cinque aziende agrituristiche che si sono messe assieme per tutelare l’ambiente e avviare in futuro un’attività economica. Al momento su tutto il territorio finito sotto tutela ci sono 110 asini, 55 bovini e 100 tra pecore e capre alcune delle quali, purtroppo, di recente assalite nottetempo dagli sciacalli. L’area comprende i territori dei comuni di Sagrado, Fogliano Redipuglia, Ronchi dei Legionari, Doberdò del Lago e Duino Aurisina e in parte di Monfalcone.
I terreni carsici sono stati presi in consegna per sette anni. Partono dal Sacrario di Redipuglia, passano per Castelvecchio e si spingono su tutta l’area fino al lago di Doberdò. Cioè circa 700 ettari di affidi con l’aggiunta di altri terreni di proprietà privata, arrivando quindi fino a mille ettari. Mangiando l’erba, gli animali fanno pulizia della landa e poi vengono spostati in altre parti. Su queste basi è nata la “Rete d’impresa Landa Carsica” composta da allevatori e dagli agriturismi: Kovac di Doberdò, Drejce di Jamiano, Matej, Kohisce e Castelvecchio, nel rispetto di un’area area naturalistica, ma anche terra di ricordi per essere stata in passato teatro di aspre battaglie durante la Grande guerra.
Capofila del progetto e promotore dell’iniziativa è l’Ispettorato regionale dell’Agricoltura e delle Foreste di Trieste e Gorizia, che prende spunto dalla legge regionale 8/1977 che regola le norme per la difesa dei boschi dagli incendi e interviene anche come affido nella cura di aree private e demaniali sempre a fini antincendio. «Il progetto - spiega Valter De Monte della Forestale - nasce per diminuire la massa incombusta accumulatasi nel tempo, dopo che il territorio era stato completamente abbandonato per oltre quarant’anni. Abbiamo pensato di intervenire coinvolgendo gli allevatori con questo metodo in fase sperimentale». Tra gli obiettivi finali figurano la riattivazione della landa carsica, la lotta contro la zecca, la pulizia per realizzare un percorso di sentieri adatti alle passeggiate e alle visite dei siti della Grande guerra.
Le zone del pascolo che coprono una vasta superficie, si possono raggiungere solo a bordo di una jeep e con permessi speciali, essendo una riserva naturale, mentre ogni azienda quotidianamente si prende cura di una parte di animali, dando loro da mangiare e controllando che nei recinti proceda tutto nella norma. Oltre alla guardia forestale De Monte, spetta ad Andrej Kovac, coordinatore del gruppo di imprenditori, all’allevatore Matej Ferfoglja e a Marco Pahor fare da guida. I figli di quest’ultimo giocano con gli asinelli ospitati in un’ampia radura, tranquilli e mansueti, che si lasciano accarezzare, mettendosi quasi in posa per essere fotografati. «La leggenda narra che questa razza - spiega Ferfoglja - ha una croce sulla schiena perché considerata come una sorta di ringraziamento divino, in quanto un asinello portò in groppa Maria prima della nascita di Gesù a Betlemme». Kovac, dirigente del progetto imprenditoriale cominciato già a metà dello scorso anno, spera che tutto vada secondo i piani e arrivino anche i contributi regionali. Parla con entusiasmo dei risvolti dell’iniziativa, unica nella storia del Carso, un’avventura coraggiosa nella quale oltre alla difesa del territorio, può aprire le porte a nuove prospettive per la nascita di una filiera di carne biologica.
«L’inserimento degli animali - afferma Kovac - è stato positivo e si cominciano a vedere i primi risultati nella valorizzazione del territorio e della landa carsica. Dopo cinquant’anni è un immenso piacere poter dire che sono nati i primi bovini allo stato brado e non nella stalla dei contadini. È il terzo fiocco rosa, infatti, maturato la scorsa settimana». L’ultima vitellina nata due giorni fa in un riparo sui terreni tra il Carso monfalconese e quello di Doberdò, l’hanno chiamata “Sissi”, come l’imperatrice d’Austria. Pesa già tra i 40 e i 50 chilogrammi e nelle prime settimane di vita ha bisogno di bere ogni giorno anche sei litri di latte. «Siamo preoccupati per la seconda nata - aggiunge Kovac - che non riesce a nutrirsi direttamente dalla mucca. Per aiutarla mia madre viene una volta al giorno e le dà il biberon come se fosse un bambino».
La riproduzione della specie è affidata all’impegno dei torelli con le mucche che si trovano in ogni zona recintata. Mirella Della Valle dell’azienda Castelvecchio ricorda che i suoi asinelli frequentano il vicino bosco, ma a breve verranno spostati in altri 50 ettari da bonificare. «Siamo contenti di partecipare al progetto di pulizia cioè di rete, ma non di filiera cioè di macellazione - spiega - Il Carso diventa come la Scozia: pascoli di ovini ed equini per trasformare la landa abbandonata e inselvatichita in territorio fruibile da tutti coloro che qui vorranno fare passeggiate a piedi, a cavallo, in bici e nord walking». Una volta ripulita l’area, i rischi incendi calano di molto e nonostante i cartelli, la segnaletica e i recinti, ci sono aperture dove tutti possono accedere senza problemi: dai ciclisti agli atleti, da chi va a funghi, asparagi, fino a chi va a fare una semplice camminato e anche dai cacciatori. «Si tratta di un’occupazione temporanea di terreni - afferma De Monte - per cui facciamo un appello ai privati affinchè col tempo si rendano conto che questo pascolo è a favore dell’ambiente e dei loro terreni». Anche il sindaco di Doberdò, Fabio Vizintin, plaude all’iniziativa: «L’impiego della zootecnia come elemento per la prevenzione degli incendi lo consideriamo in maniera estremamente positiva, in quanto aumenta la sicurezza di un territorio che in passato ha visto troppi incendi».
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