Il caro-tasse mette a rischio la produzione della grappa
Più crescono le tasse, più cresce la tentazione di rifugiarsi al fondo di un bicchierino di grappa. Ma se le tasse ammazzano anche la grappa come si fa? Scherzi a parte, la faccenda è seria anche per gli astemi; l’associazione delle Piccole e Medie industrie del Friuli lancia l’allarme: i costanti aumenti dell’imposta di fabbricazione sugli spiriti stanno mettendo in ginocchio i distillatori friulani, arrivando, dice Confapi, a mettere a rischio la sopravvivenza stessa di questa tradizionale bevanda della regione. La sigla ricorda che dal primo gennaio 2015 scatterà il nuovo aumento dell’aliquota dell’accisa sulle bevande alcoliche. È il quarto rincaro in poco più di un anno: «Gli aumenti immediatamente precedenti risalgono all’ottobre 2013, al gennaio e al marzo 2014».
Spiega l’associazione: «Solo considerando quest’ultimo lasso di tempo l’accisa è salita da circa 800 euro a oltre 935 euro per ettanidro (l’ettanidro equivale a 100 litri di alcool a 100°), ossia di quasi il 16,9%, a cui, in sede nazionale, corrisponde una diminuzione delle immissioni in consumo di quasi il 12,9%».
Ma il dato, «solo apparentemente paradossale» - osservano i piccoli e medi industriali -, è che all’aumento dell’imposta di fabbricazione non corrisponde soltanto una minore vendita delle bevande spiritose, con danno evidente per le imprese, ma anche un minor gettito per l’erario, «con danno dunque per le entrate dello Stato».
Secondo i dati esposti dall’associazione le entrate passeranno dai circa 511 milioni di euro del 2013 ai circa 500 milioni di euro a consuntivo del 2014: «E questa è una correlazione costante da anni, solo se si pensa che nel 2011 l’immissione al consumo si attestava a 692.491 ettanidri e il gettito a 554 milioni di euro», scrive Confapi.
Si tratta della replica di una tragicommedia vista più volte, negli ultimi anni, in tanti settori: «Sta accadendo per le bevande spiritose - continua la nota delle piccole e medie industrie - esattamente quanto si verifica in altri campi, come nel caso dell’incremento del super bollo per le auto di grande potenza e della tassa annuale di stazionamento per le imbarcazioni, le quali hanno duramente provato entrambi i settori economici, senza che ne derivasse un beneficio alle casse dello Stato. Anzi, per entrambe le imposte, gli introiti sono sensibilmente diminuiti».
Confapi assicura che nel caso della grappa, che peraltro è una bevanda tradizionale e di largo consumo, la situazione non è diversa. Già ad oggi su una bottiglia da 70 cl a 40° e al prezzo di 15 euro, l’imposizione fiscale complessiva - «accisa e Iva che grava peraltro sull’accisa stessa» - pesa per circa il 35% del prezzo del prodotto. «Se si proseguirà con questo trend le entrate per le imprese e per lo Stato continueranno a calare - scrive ancora l’associazione -, di certo uno dei più antichi e caratterizzanti settori dell’agroalimentare italiano andrà a scomparire». Prospettiva che atterrisce ad un tempo produttore e consumatore.
C’è poi quella che Confapi definisce «l’estrema beffa»: «In questi mesi lo Stato italiano si sta adoperando in sede comunitaria per l’indicazione geografica (Ig) della grappa nonché per l’indicazione geografica di una quarantina di bevande spiritose tipiche, fra le quali la grappa e le acquaviti di prugna, pere e ciliege friulane».
Il rischio è il conseguimento di un risultato paradossale: «Di questo passo ci sarà la tutela, ma non più il prodotto da tutelare», chiude Confapi. Per questo le piccole e medie industrie interverranno nei prossimi giorni anche nei confronti della Regione, affinché non vada disperso anche questo «piccolo patrimonio di economia e storia friulana e italiana».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo