Il capo di Stato sloveno Pahor in città per i 99 anni dell’incendio di via Filzi
TRIESTE. Sabato il presidente della Repubblica di Slovenia Borut Pahor sarà a Trieste per assistere alla cerimonia in ricordo del rogo del Narodni Dom di via Filzi, appiccato il 13 luglio 1920 per mano fascista. Assieme a lui ci saranno i vertici della Regione, del Comune, di Lubiana e delle due rispettive comunità nazionali di minoranza: quella slovena in Italia e viceversa.
Si tratta di un anniversario importante, ovvero il novantanovesimo, che «di fatto segna l’ingresso nel centenario dell’incendio», ha sottolineato ieri in conferenza stampa Ksenija Dobrila, presidente dell’Unione culturale economica slovena (Skgz). Erano presenti anche il consigliere regionale della Slovenska Skupnost Igor Gabrovec, il presidente regionale della confederazione delle organizzazioni slovene Walter Bandelj e il presidente del Centro studi Dialoghi Europei Štefan Čok.
«L’evento - ha proseguito Dobrila - non ha colpito solo la nostra comunità». All’inizio del secolo scorso il Narodni Dom (letteralmente “casa nazionale”) era frequentato non solo da sloveni ma da tutti gli slavi che affluivano in città da ogni parte dell’Austria-Ungheria. Fu simbolo di Mitteleuropa durante gli ultimi anni dell’amministrazione del Kaiser Franz Joseph e la Prima guerra mondiale, che determinò in seguito il passaggio della città asburgica allo Stato di Roma. In quegli anni l’attuale sede universitaria della scuola per traduttori e interpreti ospitò un teatro, una palestra, una sala di lettura, una scuola di musica, il modernissimo Hotel Balkan, oltre che attività commerciali, studi professionali di vario tipo e abitazioni private.
Il rogo è stato definito dallo Slovenski klub la «notte dei cristalli di Trieste», nell’ambito della mostra permanente di recente dedicata al Narodni Dom. Le fiamme ebbero infatti origine dolosa. Dopo un tesissimo comizio in piazza Unità, alcuni gruppi di squadristi fascisti e di ultranazionalisti italiani si riversarono in città, aggredendo circa venti esercizi gestiti da persone di appartenenza slava. Furono inoltre presi di mira il Consolato del Regno di Jugoslavia e, ovviamente, lo stesso Narodni Dom.
Lo scrittore Boris Pahor in un racconto ricorda l’episodio, vissuto da bambino in prima persona: «Piazza Oberdan era piena di gente che gridava in un alone di luce scarlatta. Attorno al grande edificio invece c’erano uomini in camicia nera che ballavano gridando: “Viva! Viva!”. Correvano di qua e di là annuendo con il capo e scandendo: “Eia, eia, eia!”. E gli altri allora di rimando: “Alalà!”. Improvvisamente le sirene dei pompieri cominciarono a ululare tra la folla, ma la confusione aumentò perché gli uomini neri non permettevano ai mezzi di avvicinarsi».
Fu l’inizio delle persecuzioni razziali che, nei confronti di sloveni e croati, a Trieste iniziarono ben prima del 1938: l’italianizzazione dei cognomi, il divieto di parlare la propria lingua madre e così via.
Sabato l’appuntamento è alle 9.30. I saluti istituzionali saranno portati dal sindaco Roberto Dipiazza e da un rappresentante della Regione, oltre che dal capo di Stato sloveno, da Dobrila e da Bandelj. L’accademico Raoul Pupo terrà un discorso di carattere storiografico. Sulla facciata dello stabile sarà deposta una corona d’alloro. Sarà inoltre effettuato il taglio il nastro per una parte dell’edificio che sarà così restituita alla Comunità slovena in Italia: per l’occasione saranno presenti numerosi rappresentanti italiani e sloveni.
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