Il capo del 118 di Trieste: «Ferie cancellate e turni extra. Qui nessuno si è tirato indietro»

La testimonianza di Alberto Peratoner. «Lavorare dentro a questi scafandri è faticoso e ha cambiato il modo di interagire con i pazienti. Ma ridurre i rischi è essenziale»  

TRIESTE «Siamo preparati e addestrati ad affrontare qualsiasi rischio ambientale e biologico. Quello che è cambiato è l’approccio nei confronti delle persone che andiamo a soccorrere perché ci ritroviamo chiusi dentro questi scafandri che dobbiamo indossare per tutelare noi stessi ed evitare la propagazione del contagio». Alberto Peratoner è il dirigente alla guida del 118 di Trieste, un centinaio di persone tra medici, infermieri, autisti e Oss che ogni giorno sono sulla strada per portare i primi aiuti a chi contattata il numero di emergenza. Un lavoro complesso che prima del coronavirus prevedeva un rapporto diretto con il paziente e oggi è completamente stravolto dal rischio contagio.

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«Come operatori di prima linea - racconta - abbiamo dovuto aumentare l’attenzione nel trattare le persone anche per evitare possibili contagi tra gli operatori. Dover indossare tute e maschere inevitabilmente ha mutato l’approccio: non può più esserci il contatto fisico che cercavamo prima con i pazienti per tranquillizzarli con i gesti oltre che con le parole. Ora è tutto più offuscato. Prima avevamo anche più tempo per stare nelle case delle persone, ora l’importante è ridurre i rischi. C’è un impegno emotivo e fisico molto più alto per gli operatori».

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La stretta imposta dal governo a partire dal 9 marzo scorso, con l’istituzione della zona rossa in tutta Italia, ha ovviamente cambiato le abitudini delle persone che, girando di meno, sono sottoposte a minori rischi. «Il lavoro “normale”, per così dire perché nel mondo delle emergenze urgenze il concetto di normalità è relativo, è diminuito in maniera evidente. Ci sono molte meno chiamate per cose poco gravi: oggi le persone chiamano solo quando stanno molto male. Il motivo è legato in parte alla paura di andare in ospedale dove c’è il timore di poter contrarre il contagio, e in parte perché il decreto, limitando le attività lavorative, inevitabilmente ha portato a un calo quasi totale degli incidenti e degli infortuni sul lavoro. Abbiamo notato anche una riduzione delle patologie cardiovascolari e neurologiche, ci piace pensare perché le persone hanno meno stress e sono più tranquille anche se non c’è una motivazione scientifica reale. Dall’altro lato sono aumentate le problematiche legate a disturbi respiratori con o senza febbre».

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Il personale del 118 indossa i dispositivi di protezione come da procedure standard ma ha dovuto alzare il livello di guardia per cui sempre, anche in interventi che nulla hanno a che vedere coi sintomi da Covid-19, viene fatto un filtro rapido ed un’anamnesi accurata e nel momento in cui è presente anche solo un sintomo si procede con le protezioni complete. «In questo senso - spiega Peratoner - devo dire che la nostra Azienda sanitaria si è mossa per tempo con la programmazione e fornendo le protezioni soprattutto a noi che siamo in prima linea. Al momento, e lo dico con estrema cautela, nessun operatore ha contratto il virus, speriamo prosegua così perché c’è bisogno di tutti».

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Come in altri reparti anche tra il personale del 118 nessuno si è tirato indietro. «In sei hanno rinunciato alle ferie e tutti hanno dato la massima disponibilità a fare turni extra. Al momento abbiamo aumentato i numeri aggiungendo un’ambulanza dedicata al trasporto di persone positive al Covid-19 che effettua il collegamento tra gli ospedali Cattinara e Maggiore».

Per quanto altamente qualificati, gli operatori del 118, al di là del camice, restano uomini e donne con preoccupazioni e timori: «Siamo preparati ad affrontare situazioni simili, ma ciò non toglie che esistano le paure, soprattutto per quello che possiamo portare a casa. Un altro timore è quella di ammalarci con il rischio di non avere più personale in grado di sostituirci visto l’ambito delicato con delle peculiarità, come in altri reparti, derivanti da lunga esperienza e da una preparazione specifica».



Il rapporto tra soccorritore e assistito è particolare, inevitabilmente si crea un legame indissolubile. «In tempi di Covid-19 - aggiunge il direttore -, leggiamo negli occhi dei più giovani una fortissima preoccupazione, quasi un terrore legato alla comparsa di febbre, tosse o catarro. Diciamo che in certi casi è esagerato, però è sicuramente un aspetto umano. Gli anziani sembrano quasi più lucidi, forse anche per via dell’età affrontano la cosa senza preoccupazioni particolari».



Il personale sanitario è sottoposto a formazione continua che prevede anche retraining ed esercitazioni. E per chi opera nell’emergenza-urgenza questi passaggi sono molto più frequenti. «L’addestramento sul campo è importante, e la situazione attuale è paragonabile ad una maxi emergenza come un terremoto, una esplosione o un incidente di grandidimensioni che coinvolge molte persone. Questo ci ha consentito di organizzare al meglio la nostra operatività, uscendo dagli schemi routinari ma senza improvvisare. Tra le altre attività aggiuntive, abbiamo anche dato supporto alla preparazione e gestione delle zone di quarantena come quella di Lazzaretto a Muggia, e all’attivazione di un servizio diurno di continuità assistenziale grazie alla grandissima disponibilità dei medici di guardia medica: un servizio dedicato alle case di riposo e a pazienti che hanno difficoltà a raggiungere il medico curante».

Infine c’è il rapporto con i cittadini che stanno manifestando affetto e vicinanza ai sanitari: «Questo fa un piacere immenso - conclude Peratoner -, sentiamo moltissimo la solidarietà e la presenza della gente e questo ci stimola a non mollare. Ci auguriamo che non sia solo nell’emergenza e che questa criticità rinvigorisca il legame tra operatori e utenti e faccia capire a tutti l'importanza e la qualità del nostro sistema sanitario e le reali necessità e urgenze rispetto ad altre situazioni». —

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