Il “business” di Medjugorje vale 11 miliardi
BELGRADO. Quanto vale Medjugorje? Molto, per i cattolici che credono ai miracoli e che si fidano della veridicità dei messaggi mariani trasmessi dai veggenti. Tantissimo, in termini pecuniari, per chi fa ottimi affari da trent’anni grazie al turismo religioso. Una miseria invece per le casse della Bosnia, che nel corso degli ultimi anni avrebbero incassato solo un terzo delle tasse dovute da albergatori, ristoratori, gestori di negozi, piccoli imprenditori, che al velo azzurro della Madonna sembrano preferire il “nero” dell’evasione fiscale. È questa la scala di valori che emerge da una tesi di dottorato, recentemente discussa alla Facoltà di Scienze sociali dell’Università “Hercegovina”, con sede proprio a Medjugorje, scritta da Vencel Culjak, e intitolata “Il fenomeno Medjugorje come brand mondiale e destinazione top del turismo della fede”. Tesi che ha il merito di fornire per la prima volta cifre quantomeno indicative sul giro d’affari creato attorno al fenomeno delle apparizioni della Madonna. Secondo Culjak, hanno informato i media erzegovesi poi ripresi anche dall’agenzia di stampa croata Hina, dal 1981 – anno d’inizio delle apparizioni – fino al 2013, Medjugorje avrebbe fatto spendere un mucchio soldi a fedeli e turisti. «Analizzando il numero dei pellegrini, i Paesi di provenienza, il potere d’acquisto e le spese di viaggio e alloggio - ha osservato Culjak - si può stabilire in 2,85 miliardi di euro l’ammontare totale delle spese turistiche» prodotte a Medjugorje negli ultimi trentadue anni. Apparizioni che convogliano moneta sonante anche nelle casse della locale Chiesa cattolica, che avrebbe guadagnato 290 milioni di euro, donazioni escluse, grazie all’afflusso di pellegrini. E nel paesino a una trentina di chilometri da Mostar bisogna anche arrivarci. E sono tanti, ventun milioni su ventotto totali, i fedeli stranieri giunti nel corso degli ultimi decenni a Medjugorje. Le loro spese di viaggio ammonterebbero sempre secondo i calcoli di Culjak a «8,5 miliardi di euro». Numeri che, con i tre miliardi generati direttamente nel paesino, fanno così schizzare la cifra complessiva del giro d’affari mondiale legato alle apparizioni in Erzegovina a oltre undici miliardi di euro. Cifre che evidenziano che Medjugorje, ha commentato lo stesso Culjak ospite della trasmissione “Ovo je moja zemlja”, diffusa sulle frequenze della Radiotelevisione della Bosnia-Erzegovina, è diventata una «perla mondiale del turismo religioso», una risorsa preziosissima per la Federazione croato-musulmana e per la Bosnia nella sua interezza. Una perla però priva di lucentezza. La maggior parte di quei 2,8 miliardi di euro circolati a Medjugorje, 90 milioni all’anno spesi in gran parte nelle strutture ricettive locali, non hanno portato grandi benefici allo Stato. Secondo i calcoli contenuti nella tesi di dottorato, infatti, quasi il 70% delle entrate non sarebbe stato registrato perché prodotto da alberghi e negozi senza licenze o che lavorano in nero e che non avrebbero fatto incassare neanche un marco convertibile in tasse. Ancora peggio, hanno ricordato i media locali, quegli ipotetici 600mila euro che dovrebbero arrivare ogni anno solo dalla tassa di soggiorno. Ne vengono al contrario introitati meno di 40mila. Le cose però stanno cambiando, hanno assicurato le autorità locali. «Negli ultimi tre anni», ha raccontato Ivo Jerkic, il sindaco della municipalità di Citluk, che include anche Medjugorje – località dove vivono meno di 5mila persone, mentre sono 18mila e passa i posti letto per i pellegrini e 1.500 i lavoratori del settore turistico, il 60% in nero - «sono stati rilasciati 982 permessi di lavoro», mettendo in regola tanti fra coloro che prima operavano fuori dalla normativa, e concesse «330 licenze» per esercizi commerciali e ricettivi. Ma se le cose ora sembrano muoversi nel verso giusto, i soldi persi in passato non saranno recuperati, nella capitale delle presunte apparizioni della “Gospa”. E dell’economia grigia.
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