Il business degli esorcismi che fa gola a San Dorligo

L’arrivo di centinaia di fedeli per don Rozo ha aperto nuove possibilità turistiche Non solo strutture ricettive e di ristorazione: c’è chi pensa a “souvenir” sacri
SAN DORLIGO DELLA VALLE. Un affare. Da sfruttare a livello turistico, a favore dell’intera comunità, per rilanciare un settore che langue. Con buona pace di tutti coloro che, nel pieno rispetto della loro fede, vivono il fenomeno come un evento che sfiora il soprannaturale. Ecco cosa potrebbe diventare, a San Dorligo della Valle, la presenza di padre Rosario Palic, oramai noto come “don Rozo”, l’esorcista ufficialmente riconosciuto dalla Diocesi di Trieste che da mesi è diventato l’assoluto protagonista della scena nel piccolo centro di San Giuseppe della Chiusa e dintorni.


L’arrivo, una volta alla settimana, dalla Croazia e dalla Slovenia, di un nutrito gruppo di seguaci di don Rozo (si parla talvolta di 400 presenze), ha fatto riflettere più di qualcuno. Per quanto a muovere i pellegrini sia l’assoluta devozione nei confronti del parroco della chiesa di San Giuseppe della Chiusa, gli ospiti infatti devono pur mangiare, dissetarsi, qualcuno magari potrebbe trascorrere una notte in loco per dedicarsi, una volta esaurita la parte religiosa del pellegrinaggio, ad ammirare il panorama e le tante bellezze del posto. C’è chi sta addirittura pensando di allestire un piccolo commercio di oggetti sacri.


Del resto già in tanti parlano, a proposito della chiesa di San Giuseppe della Chiusa, di una “piccola Medjugorje”, facendo riferimento alla cittadina della Bosnia Erzegovina che dal 1981, cioè da quando alcuni residenti iniziarono a parlare di apparizioni della Madonna, ha visto crescere a dismisura la sua notorietà e, di conseguenza, il volume d’affari legati all’arrivo pressoché costante, in tutti i mesi dell’anno, di migliaia di pellegrini. A San Dorligo della Valle non aspirano a tanto ma, con le dovute proporzioni, a un buon utilizzo del fenomeno sì.


Ma non è questo il solo aspetto sul quale riflettere. La presenza settimanale di centinaia di ospiti comporta anche problemi logistici. San Giuseppe della Chiusa è raggiungibile soltanto da Domio, inerpicandosi per una stretta salita, con alcuni tratti in pavé, oppure scendendo dalla strada che da Cattinara porta a Bagnoli della Rosandra, anch’essa tortuosa e inadatta al transito di tante corriere. Esiste anche un problema di parcheggi. Due settimane fa sono approdati 7 pullman, posteggiati alla meno peggio sul ciglio della strada.


«Diamo senz’altro il benvenuto ai fedeli – scrive Boris Gombac, consigliere comunale, capogruppo di “Uniti nelle tradizioni”, formazione che fa parte dell’opposizione – perché stanno ridando vivacità a una vecchia parrocchia. Non si può rimanere insensibili alla vista del dolore e della speranza che accompagnano i pellegrini. A queste persone però – aggiunge – bisogna garantire un soggiorno che faccia onore al Comune. San Giuseppe della Chiusa conta trecento anime e non riesce a sostenere la presenza di 400 pellegrini senza offrire loro parcheggi, spazi verdi dove potersi rinfrancare, servizi igienici e ostelli per riposarsi ed evitare di affrontare lunghi viaggi notturni dopo una giornata di preghiere e canti. Di tutto questo – sottolinea Gombac – dovrebbero farsi carico l’amministrazione comunale e la Curia Tergestina. La prima dovrebbe predisporre interventi di riqualificazione del paese nonché del territorio circostante e realizzare un piano del traffico e dei parcheggi che affronti questa nuova realtà. E ancora – prosegue – stabilire i divieti di sosta utili per permettere un transito libero da impedimenti, riattivare le fontanelle chiuse, realizzare servizi igienici pubblici e panchine non solo per i pellegrini, ma per tutti coloro che a San Giuseppe si fermano per una sosta mentre percorrono la pista ciclabile. E ancora individuare le potenzialità ricettive e di ristorazione, potenziando i trasporti pubblici nei collegamenti del paese con Trieste. In assenza di scelte oramai non più rinviabili, visto l’incremento del fenomeno – conclude – è facile prevedere la protesta degli abitanti a difesa del loro paese».


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