Il “Brignoli” sperimenta la vite invincibile
Il progetto dell’Istituto agrario di Gradisca prende corpo: la “superpianta” potrà resistere alle malattie e ai parassiti
GRADISCA. Avrà la capacità di resistere alle malattie e ai parassiti. Prosegue da parte dell’istituto agrario “Giovanni Brignoli” di Gradisca d’Isonzo la sperimentazione della cosiddetta «vite invincibile» che non avrà più paura nè dei parassiti nè delle malattie che infestano molto spesso queste piante.
L’interessante progetto è stato reso possibile dall’avvenuto affidamento alla scuola agraria della Fortezza di un terreno di proprietà dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Gorizia. Il terreno, che è divenuto - grazie all’impegno di studenti, insegnanti e tecnici - un vigneto sperimentale ma produttivo, consente sia di ampliare la produzione dell’Istituto agrario che di attivare un nuovo progetto di alternanza scuola – lavoro a beneficio degli studenti.
Il terreno misura complessivamente 1,6 ettari e si trova in zona Preval, nel Comune di San Floriano del Collio. L’Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Gorizia finanzierà l’impianto del vigneto, mentre l’istituto scolastico – o meglio i suoi stessi studenti – lo gestirà negli anni. Con i proventi della produzione (uva e vino) la scuola superiore gradiscana paga l’affitto del terreno.
La scuola ha deciso di coltivare le viti seguendo un metodo biologico sostenibile ed utilizzando nuove varietà di viti resistenti alle principali patologie fungine (peronospora e oidio), sviluppate dall’Università di Udine e dai Vivai Cooperativi Rauscedo. I ragazzi dell’Istituto, guidati dal professore Marco Vecchi e dai tecnici del “Brignoli” hanno provveduto nelle scorse settimane a trapiantare nuove barbatelle di vite – quelle resistenti – presso il vigneto del Preval. Si tratta di 2600 metri quadrati, quattro filari, di varietà Cabernet Eidos, cioè un vitigno rosso che si affiancherà ai bianchi già piantumati.
«Stiamo, nel frattempo, predisponendo la nuova cantina – commenta il preside, professore Marco Fragiacomo – per vinificare queste uve biologiche, che speriamo daranno un vino buono quanto merita». Queste varietà permettono di risparmiare sui trattamenti, quasi assenti per queste tipologie di viti resistenti – che è bene specificarlo, non sono Ogm – consentendo di abbattere i costi di produzione La ricerca di piante resistenti è materia che da sempre appassiona il mondo vitivinicolo: è iniziata in Europa nel 1840 a causa delle malattie arrivate dalle Americhe, due di tipo fungino, la peronospora e l’oidio, e un insetto, la fillossera che ha distrutto la viticultura europea e ha costretto a rifare l’impianto di tutto il vigneto europeo utilizzando una pianta innestata che è stato, di fatto, il primo intervento di lotta biologica.
Infatti, si è riusciti a creare una pianta unica con due genotipi differenti: radici di vite americana resistente alla fillossera e parte aerea di vite europea. Così facendo si è riusciti a trovare una soluzione per le malattie fungine in modo tale da ricomporre la viticultura europea, andando a creare quello che oggi si chiama ibridoproduttore diretto. Nel 1921 questi ibridi sono stati banditi in Italia in quanto era sorto un dubbio che fossero dannosi dal punto di vista medico. L’attività di ricerca di piante resistenti è stata comunque portata avanti da Germania, Austria, Ungheria e Svizzera a prescindere dalla normativa che non permetteva la coltivazione e la trasformazione in vino di questi genotipi. Oggigiorno diversi sono gli istituti che lavorano alla creazione di questi incroci resistenti, fra cui l’ateneo di Udine. Ora, grazie al Brignoli, saranno sperimentati nell’Isontino.
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