Il braccio di ferro con Wärtsilä sui fondi Ue e i piani di sviluppo: “Non ci fidiamo”

L’azienda chiede 34 milioni dal Pnrr: una leva da usare al tavolo romano. Regione, Confindustria, sindacati dicono ormai apertamente di non credere neppure alle rassicurazioni dei finlandesi sulla permanenza a Trieste dei settori non legati alla produzione

Diego D’amelio
Foto Bruni Trieste 23.07.22 Wartsila- sabato pomeriggio con i manifestanti
Foto Bruni Trieste 23.07.22 Wartsila- sabato pomeriggio con i manifestanti

TRIESTE Wärtsilä ha fatto domanda per ottenere 34 milioni dal Pnrr italiano: risorse legate alla progettazione di motori e generatori elettrici meno impattanti. La richiesta è stata avanzata a giugno, un mese prima dell’annuncio dei 450 licenziamenti. L’iniezione di danaro pubblico diventa adesso uno strumento di pressione sulla multinazionale da parte del governo.

Si preannunciano un braccio di ferro sulle risorse Ue e rapporti tesi, perché Regione, Confindustria e sindacati dicono ormai apertamente di non credere neppure alle rassicurazioni dei finlandesi sulla permanenza a Trieste dei settori non legati alla produzione, per i quali Wärtsilä ha annunciato investimenti. A rischio ci sarebbero non solo i 450 lavoratori diretti e altrettanti dell’indotto, ma pure i 520 dipendenti non toccati dal piano di esuberi.

Le garanzie di Wärtsilä

Il ceo Håkan Agnevall ha ribadito venerdì che il piano di ricollocazione in Finlandia non impatterà sulle divisioni triestine ricerca e sviluppo, vendita, project management, sourcing, assistenza e formazione. La promessa è che a Trieste ci saranno «investimenti legati allo sviluppo della tecnologia per combustibili sostenibili».

Gli investimenti non proverranno però dai bilanci dell’azienda, ma dai fondi del Pnrr italiano. Più volte in questi giorni il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e il governatore Massimiliano Fedriga li hanno citati, senza mai quantificare la somma, che è di 34 milioni. Le istituzioni italiane useranno l’argomento Pnrr come leva al tavolo di trattativa, che si aprirà mercoledì a Roma nella sede del Mise. Sperando che l’arma non si riveli a doppio taglio. Nelle sue comunicazioni, Wärtsilä non ha mai subordinato l’accesso al Pnrr per il mantenimento delle restanti divisioni a Trieste ma, nell’irrigidirsi delle posizioni, l’azienda potrebbe legare i fondi al futuro della ricerca e sviluppo.

La sfiducia

I toni si alzano in vista del tavolo di crisi. L’assessore al Lavoro Alessia Rosolen dice che «lo spostamento della produzione può essere solo la premessa dello spostamento del resto: l’operazione di trasferimento a Vaasa altrimenti avrebbe poco senso. Wärtsilä per ora tiene qui ricerca, sviluppo e service grazie all’alta qualità degli addetti. Ma per come è iniziata la partita, dovremo fare in modo che le conseguenze non le paghino anche altri settori».

Rosolen alza il livello d’allarme e tira in campo i 34 milioni del Pnrr: «Vanno legati a un piano industriale chiaro e incentrato sulla permanenza della produzione. Non credo che il governo italiano debba pietire la presenza di Wärtsilä, ma ricordare che molte entrate dell’azienda si ottengono grazie a Fincantieri».

I finlandesi sono ossi duri e non hanno fatto mancare una risposta all’ad Pierroberto Folgiero, che ha comunicato ai vertici di Wärtsilä la concreta possibilità dello stop ai rapporti commerciali, in caso di spostamento della produzione da Trieste. Fincantieri ha prospettato la ricerca di partner alternativi e la replica di Agnevall è di identico tenore: «Non escludiamo di poterci rivolgere ad altri partner tecnologici nel mondo per lo sviluppo di progetti nel campo della propulsione green a uso navale». E qui si torna ai 34 milioni del Pnrr, strategici solo in caso di una prolungata collaborazione tra i due gruppi sullo sviluppo di nuovi motori.

I governi

Per Confindustria intanto la trattativa deve scavalcare la dimensione economica e arrivare al confronto politico tra governi: «Gli esecutivi italiano e finlandese devono dialogare, perché ci sono molti interessi comuni, anche di natura strategica. L’azienda deve dialogare con il sistema paese che la ospita e sarebbe stato meglio non comunicare una decisione radicale con una pec, che per Wärtsilä dovrebbe mettere fine alla vicenda produttiva della Grandi motori di Bagnoli».

Rispetto agli ottimi risultati economici appena resi noti dalla società, Agrusti nota che «la cancellazione del sito di Trieste non aveva allora questa urgenza» e ciò spinge il rappresentante degli industriali verso il pessimismo: «Guardando lontano, non è scontato che ricerca, sviluppo, service e subforniture possano essere sganciate dalla produzione. La produzione deve restare qui o si rischia la chiusura del resto». Sull’uso del Pnrr come strumento di pressione, Agrusti conclude che «va prima ricevuta la risposta al tavolo del Mise sul ritiro dei licenziamenti».

I sindacati

La Fim Cisl non si aspetta niente di buono. Il segretario provinciale Alessandro Gavagnin chiede «il ritiro della procedura», ma ammette che «Wärtsilä è decisa. Ora ci sono 60 giorni per ricevere un piano di mitigazione dell’azienda e altri 30 per trovare un accordo o scatteranno gli esuberi senza nemmeno cassa integrazione. Ma su che basi possiamo discutere?». Anche il sindacalista non si fida delle rassicurazioni dell’azienda sugli altri 520 posti di lavoro: «Quello che afferma Wärtsilä abbiamo visto quanto vale. Non vediamo come service e ricerca possano resistere senza la parte produttiva. I 450 licenziamenti sembrano il primo passo della chiusura totale dell’impianto».

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