Il botanico: «In Val Rosandra distrutto un habitat unico»

Il docente universitario Pier Luigi Nimis in aula punta il dito sull’operazione della Protezione Civile. La funzionaria della Regione: «Mai coinvolto il mio ufficio»
Di Piero Rauber
Lasorte Trieste 27/06/12 - Val Rosandra
Lasorte Trieste 27/06/12 - Val Rosandra

Il bosco che non c’è più e il parere che non c’è mai stato. È girata attorno a due fantasmi, ieri, l’udienza celebrata davanti al giudice Marco Casavecchia del processo sul taglio della vegetazione in Val Rosandra del marzo 2012, che vede imputati per presunto disastro ambientale in concorso l’allora vicegovernatore della Regione Friuli Venezia Giulia Luca Ciriani più il capo, la funzionaria e il dipendente della Protezione civile regionale Guglielmo Berlasso, Cristina Trocca e Adriano Morettin.

Era il giorno dedicato interamente ai “testi” (nove in tutto) chiamati dalla pubblica accusa, rappresentata dal pm Antonio Miggiani. Due in particolare, nel corso della mattinata, hanno lasciato il segno. Una testimonianza a onor del vero, quella del professore di Botanica del Dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Trieste, Pier Luigi Nimis, era scontata, poiché il docente aveva già avuto modo di dichiarare pubblicamente il suo estremo disappunto per lo “scempio” della Val Rosandra. L’altra scontata lo era decisamente meno. E questa è venuta da Marina Bortotto, direttrice allora del Servizio Caccia e risorse idriche della Regione, ufficio che sta sotto la stessa ala - la Direzione centrale Ambiente e territorio - della Protezione civile.

Bortotto ha riferito infatti che il servizio da lei diretto, di cui fa parte «un gruppo di faunisti ed esperti della materia», in vista di interventi similari a quelli compiuti in Val Rosandra dà di prassi «un parere non vincolante ma comunque essenziale al soggetto proponente». Il problema è che di quanto capitò lungo il torrente Rosandra lei lo seppe «a fatto avvenuto, dai giornali». Dagli uffici della Protezione civile, ha precisato Bortotto su precisa domanda del pm Miggiani, non ci fu alcun contatto. Opinabile semmai - ha aggiunto, sollecitata dall’avvocato Caterina Belletti, che col collega Luca Presot difende Ciriani - è quale ente incarnasse nell’occasione il «soggetto proponente» previsto dalla normativa. Al caso «anche il Comune di San Dorligo della Valle», poiché «la Protezione civile risulta essere intervenuta su richiesta del Comune di San Dorligo della Valle», ha chiarito a fine udienza l’avvocato Paolo Pacileo, il legale del geometra Morettin, secondo cui «nulla di decisivo è ancora emerso, specie in assenza di censimenti precedenti». Chiaro il riferimento, in questo passaggio, agli esperti naturalisti chiamati ieri dal pm. Tra questi, come detto, il professor Nimis, che, «esprimendo una valutazione tecnico-scientifica», è stato lapidario: «Con l’intervento del marzo 2012 è andata distrutta completamente la vegetazione di un habitat unico, in evoluzione, dopo essere stato soggetto a taglio 40, 50 anni fa». L’habitat è quello «a monte del ponticello», in prossimità della cosiddetta «foresta galleria», dove i pioppi, venuti dopo i salici, «stavano lasciando terreno all’alneto di ontano nero». Stavano, ha tenuto a precisare a sua volta l’avvocato Luca De Pauli dello studio Ponti, che tutela Berlasso e Trocca, in quanto «nella cartografia ufficiale» tale evoluzione risultava ancora «non censita». Presenti all’udienza anche gli avvocati di parte civile Alessandro Giadrossi per conto del Wwf e Marco Meloni dell’Avvocatura dello Stato per conto del Ministero dell’Ambiente.

@PierRaub

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