Il blocco dei pagamenti, importi e limiti dei 90 giorni: così diventa più rischioso lo scoperto in banca
Dal 1° gennaio finire in rosso sul conto è diventato più rischioso. Anche le banche italiane si sono allineate ai nuovi criteri europei stabiliti dalla European Banking Authority (Eba, l'autorità bancaria europea), che sono più stringenti rispetto a quelli che erano in vigore fino all'anno scorso. Adesso è più facile essere segnalati alla Centrale dei rischi di Bankitalia, con tutte le conseguenze che ciò può avere (a cominciare dal blocco dei pagamenti automatici con Rid e delle bollette delle utenze: ma questo, di prassi, funzionava già in precedenza, visto che i pagamenti senza disponibilità di liquidi, solitamente, vengono respinti). Finire sul registro di Via Nazionale, e di conseguenza sulle Sic, i Sistemi di Informazioni Creditizie (le cosiddette centrali di rischio private), può rendere la vita molto difficile a chi è in cerca di un finanziamento. Tutte le banche e le società finanziarie consultano infatti questi elenchi prima di concedere un mutuo o una linea di credito e tendono a negarlo a chi ha già avuto problemi con la restituzione dei debiti. Oppure alzano significativamente i tassi di interesse: il finanziamento diventa cioè più caro. Ancora più pericolosa per il debitore è la situazione nella quale il finanziamento sia assistito da una garanzia, che rischia di venire escussa.
La disciplina
Le nuove regole, imperniate su un doppio sforamento contemporaneo (vedi grafici a lato), valgono per tutti i Paesi dell'Unione Europea e rappresentano un compromesso fra chi adottava criteri più stringenti e chi invece aveva un approccio più tollerante. Prendiamo l'esempio di un finanziamento da 15 mila euro per l'acquisto di una macchina con una rata mensile di 140 euro. Se viene saltata una rata (140 euro) non scatta il default perché il rosso è superiore sì ai 100 euro (parametro assoluto) ma non all'1% dei 15 mila euro (i 150 euro del parametro relativo). Al secondo mancato pagamento, con il rosso salito così a 280 euro, si verificano entrambe le condizioni previste dalla norma e parte così il conteggio dei 90 giorni. Al termine dei quali, il nominativo del debitore viene segnalato alla Centrale dei Rischi. Per uscire dal default, cioè tornare "in bonis", la strada non è immediata. Per prima cosa bisogna sanare la propria posizione debitoria e, a partire da quel momento, dimostrare per almeno 90 giorni di essere un "buon pagatore", ovvero rispettare tutte le scadenze di rimborso. Al termine dei 3 mesi non si verrà più classificati in default, ma ciò non comporta la cancellazione dagli elenchi di Bankitalia. Il funzionamento della Centrale dei Rischi prevede infatti che la segnalazione venga eliminata dopo 36 mesi. Per tre anni dunque resterà traccia del default.
Le reazioni
Le implicazioni negative di queste nuove regole sono riconosciute dalla stessa Associazione Bancaria Italiana (Abi) che, per certi aspetti, ne è beneficiaria. «Nell'attuale contesto pandemico le regole europee introducono criteri più stringenti per classificare in default i debitori e rischiano di avere un effetto pro-ciclico pesantemente negativo per imprese e famiglie, riducendo i benefici degli importanti provvedimenti assunti nell'ultimo anno, a livello europeo e nazionale, per contenere gli effetti economici del Covid - spiega Giovanni Sabatini, direttore generale dell'Abi - È necessario continuare a insistere nelle sedi europee per correggere le norme, valutando deroghe o sospensioni temporanee delle stesse. L'Abi, in rappresentanza del mondo bancario italiano, ha assunto sin dal 2015 una posizione nettamente critica nei confronti di queste regole che, immaginate in un contesto completamente diverso, aumentano oggi le difficoltà di imprese e famiglie e riducono la capacità delle banche di continuare a erogare la liquidità necessaria per gestire l'emergenza e preparare la ripresa».Per chi ha contratto un finanziamento - le nuove regole vengono applicate anche se il credito è stato erogato da una finanziaria - o un mutuo è ora di fondamentale importanza monitorare attentamente l'andamento del proprio conto corrente e assicurarsi che sia sempre disponibile la liquidità per pagare le rate. E il monitoraggio deve riguardare ogni singolo conto corrente a proprio nome: se si è in rosso su uno, mentre si ha liquidi in un altro, anche nella stessa banca, non avvengono compensazioni. Il primo viene dichiarato in default (e il secondo ovviamente no). Le banche possono andare incontro al cliente in difficoltà autorizzando un fido, cosa che evita la dichiarazione del default, ma questo comporta sempre il pagamento di interessi, che rappresentano un ulteriore aggravio dei costi e, se le difficoltà non sono solo temporanee, serve solo a rinviare il problema.
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