«Il berlusconismo e il leghismo estranei al Cristianesimo»

Padre Sorge, teologo gesuita, affossa la cultura dominante: «Porta all’egoismo e a far prevalere gli interessi privati»

TRIESTE

«Ci vuole coraggio e parlare, è necessario dire come stanno le cose. Sì, anche la gerarchia della Chiesa lo deve fare». A padre Bartolomeo Sorge, 82 anni, gesuita di una certa fama, il coraggio non manca. Soprattutto ora. Ora che sembra farsi largo una nuova stagione politica per i cattolici. Ora che i “valori” nella classe dirigente del Paese hanno toccato i minimi storici. A loro, ai cattolici tirati un po’ qua e un po’ là, a seconda di come soffia il vento del consenso, è chiesto impegno e servizio «perché la religione ha una dimensione pubblica e il non riconoscerlo è un grave errore». Sono dichiarazioni, queste, del presidente della Cei Angelo Bagnasco, pronunciate al Forum di Todi qualche giorno fa. Il meeting ha riunito molte realtà appartenenti alla variegata costellazione dell’universo cattolico italiano: «Già, il Forum di Todi» riflette a voce alta padre Sorge, piuttosto contrario a veder risorgere un partito in stile vecchia Dc. «Sarebbe fuori dalla storia» commenta il gesuita.

Teologo, politologo, esperto di Dottrina Sociale della Chiesa, è entrato nella Compagnia di Gesù nel 1946 ed è stato ordinato sacerdote nel ’58. Ha diretto le riviste “La Civiltà Cattolica”, “Popoli” e “Aggiornamenti Sociali”. È autore di numerosi libri, molti dei quali scritti negli anni ’70, tra cui: “Le scelte e le tesi dei Cristiani per il Socialismo”, “Capitalismo, scelte di classe e socialismo”, La ricomposizione dell’ala cattolica in Italia”. E, ancora, negli anni ’90, “Cattolici e politica”, “Quale Italia vogliamo? Un vademecum per i cattolici in politica”. L’ultimo, “La traversata” è dell’anno scorso e ripercorre le vicende della Chiesa dal Concilio Vaticano II a oggi. Insomma, riprende il gesuita, «ci vuole coraggio e affermare che il berlusconismo e il leghismo non hanno niente a che vedere con il Cristianesimo e con il Vangelo. Nulla». Concetti detti e ripetuti al pubblico “amico” delle Acli che l’altro ieri ha organizzato un convegno dal titolo provocatorio: “Il bene comune è ancora di moda?” Già, il bene comune. «E proprio qui sta il problema», annuisce Sorge.

Padre Sorge, è arrivato il momento di ricostruire un “partito dei cattolici”?

No, è arrivato il momento di prendere di petto una questione ancora aperta. Finite le grandi ideologie, conclusa l’esperienza della Dc, non abbiamo trovato il modo in cui i cattolici partecipano alla vita politica. Il problema è irrisolto in un Paese cambiato. La Dc aveva senso nell’epoca delle ideologie, l’epoca cioè in cui le grandi ideologie si contrapponevano ai valori cristiani. Ora c’è disorientamento.

Perché, cosa è successo?

Dopo la Dc, si è affermata una cultura dominante che ha preso le sembianze del berlusconismo. La cultura dominante ora è un insieme del berlusconismo e di leghismo che si fonda su una visione individualista dell’uomo e utilitaristica dell’economia: è la famosa politica del fare.

Cosa c’è di sbagliato?

Questa cultura neo liberista non è accettabile dal punto di vista della Dottrina Sociale della Chiesa perché porta all’egoismo e all’individualismo e porta a far prevalere gli interessi privati sul bene comune.

E i cattolici sono disorientati.

Sì, perché dalla fede non si può dedurre un partito. E, inoltre, non tutte le culture politiche sono accettabili per un cristiano. Quindi la risposta è un’altra: non dobbiamo lavorare per ricostruire un partito “cattolico” , o rifare la Dc, ma dare un’anima legale, etica e spirituale alla politica in modo che torni ad essere la ricerca del bene comune. Poi ognuno sceglie, agisce secondo la propria libertà e vota quello che crede.

Concretamente come si potrebbe attuare questo progetto?

Partire dai valori e poi pensare al “contenitore”. C’è bisogno, ed è emerso da Bagnasco, di uno spazio di incontro pre-partitico in cui si possa dialogare, in modo che i laici possano scegliere liberamente come operare. L’importante è non isolare i cattolici: lo stesso Sturzo si rivolgeva ai credenti e non credenti e diceva che il Vangelo è ispiratore di riformismo, coraggio. E il conservatorismo, ha detto anche, è fossilizzarsi. Il Cristianesimo invece è novità, coraggio, attenzione agli ultimi. Non mi scandalizzo però per chi sceglie di militare nella destra. Nessuno può dire che una scelta sia giusta è sbagliata: perché nessun partito si può appropriare del cristianesimo.

Qual è l’atteggiamento da mantenere, anche nei confronti della Chiesa?

È necessario conservare sempre un approccio critico e mai accettare il dogmatismo ideologico. Vale per la politica, così come per la Chiesa.

Lei, nel suo ultimo libro “La traversata” afferma che la politica è la forma più alta di carità.

Cito Pio XI che nel 1927, parlando alla Fuci disse questo: è la forma più alta di carità, seconda solo alla carità verso Dio. La politica è servizio e non ricerca di potere e interressi. E qui i Cristiani sono chiamati a dare l’esempio ed essere critici nei confronti di chi non si comporta così. Anche le gerarchie della Chiesa dovrebbero esserlo, con determinazione. Il problema, dal punto di vista politico, è che ci si serve dei cattolici ai fini del consenso. Si strumentalizza la fede, come è accaduto per il crocefisso nelle scuole.

Il premier Berlusconi, all’indomani del Forum di Todi, ha detto che i cattolici sono con lui.

Anche il premier si dice cattolico: ma io non giudico la persona, questo lo lasciamo al Signore. Giudichiamo invece le culture, i modi di pensare: questo si che si deve giudicare. La cultura leghista che dice spariamo sui barconi degli immigrati è agli antipodi del Vangelo. Bisogna avere il coraggio di prendere le distanze e dire no.

Cosa pensa di questa crisi economica?

È il problema dell’etica nell’economia. Lo sviluppo non deve dipendere dal profitto. E qui sta la crisi perché se l’economia perde il senso dei valori è grave. Al centro ci deve essere l’uomo. Il guadagno facile, lo abbiamo visto, ha mangiato se stesso, ma poi ci rimettono sempre i più poveri. Siamo sempre lì: la ricerca del bene comune. Come nell’etica, così nell’economia. Se si lavora per il proprio interesse e per il proprio potere si distrugge tutto.

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