Il bazooka di Draghi non spinge i prestiti alle imprese Fvg
TRIESTE. A poco meno di due anni dall'avvio dei massicci acquisti di titoli da parte della Banca Centrale Europea (attualmente pari a 80 miliardi di euro al mese), non trovano soluzioni i problemi nell'Eurozona della bassa inflazione e della stretta dei prestiti alle imprese, in particolar modo in Italia. È l'Ufficio studi della Cgia di Mestre a stilare un bilancio del Quantitative Easing, l'operazione avviata dalla Bce il 9 marzo del 2015 con l'intento di riportare il tasso di inflazione al 2 per cento e di ridare fiato all'economia. In meno di 2 anni nell'area dell'euro la Bce ha comprato titoli di Stato per 1.344 miliardi di euro (ultimo dato disponibile al 31 gennaio 2017). I risultati del QE non sono stati particolarmente positivi specie se si considera che, nell'ultimo anno, il livello medio dei prezzi nell'area dell'euro è cresciuto di appena lo 0,3%. Anche in Germania e in Francia, dove le previsioni di crescita economica per il biennio 2016-2017 sono più favorevoli che in Italia e dove i prestiti alle società non finanziarie sono aumentati negli ultimi 12 mesi, l'inflazione è prossima allo zero (+0,4% per i consumatori tedeschi e +0,3 per quelli francesi).
In Italia, sebbene la Bce abbia acquistato 222 miliardi di titoli di stato italiani (dati al 31 gennaio 2017 pari al 16,5% del totale), l'inflazione nel 2016 è stata negativa (-0,1%), mentre i prestiti alle società non finanziarie, cioè alle imprese, sono scesi del 2,4% (pari a una contrazione di 21,2 miliardi di euro tra novembre 2015 e lo stesso mese del 2016). Il Friuli Venezia Giulia non fa eccezione con una contrazione nello stesso periodo dell’1,1% per 198 milioni. Più pesante il bilancio in Veneto (-5,5%).
«L'acquisto di titoli del debito pubblico dei paesi dell'Euro - precisa il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo - ha contribuito a garantire una certa stabilità finanziaria riducendo il costo del nostro debito pubblico, ma è evidente come questa grossa iniezione di liquidità non abbia ottenuto i risultati sperati, tant'è che l'inflazione è ferma, i prestiti alle imprese non ripartono e la crescita economica non trova lo slancio che servirebbe. Insomma, il bazooka di Draghi non ha sortito gli effetti sperati. Una quota rilevante di questi 222 miliardi di euro sono finiti alle nostre banche che, però, hanno preferito trattenerseli, aumentando così il livello di patrimonializzazione come richiesto dalla Bce, anziché impiegarli nell'economia reale». Per il segretario della Cgia, Renato Mason, «le regole si stanno assestando sempre più in alto. Prima l'Europa chiedeva alle banche un patrimonio dell'8% degli impieghi; ora bisogna avere il 10-12 circa. In altre parole, la banca per prestare 100 milioni deve avere un patrimonio di oltre 10-12. L'asticella che varia nel tempo per gli istituti di credito è un problema. Infatti, dura da 2 anni la corsa per adeguarsi alle nuove regole europee, applicate con rigidità e nel periodo peggiore, ovvero nel bel mezzo di una crisi».
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