Ikea lascia l’Asia: produzione in Italia

«Migliori fornitori per qualità e flessibilità». Gli svedesi acquistano a Nordest più che in Germania

TRIESTE. Ikea fa marcia indietro. Cassettiere, rubinetterie, giocattoli, prima prodotti in Asia, fra poco saranno realizzati da aziende piemontesi. E solo il primo passo di una netta inversione di marcia nei processi di delocalizzazione dell’azienda. Considerato che il colosso svedese acquista nel solo Nordest (in regione è presente a Villesse) più che in Svezia o Germania il cambio di rotta potrebbe aprire importanti sbocchi produttivi anche per le imprese del Made in Italy triveneto. Il gruppo di arredamento ha infatti annunciato di volere sostenere la propria base di fornitori sul territorio italiano a scapito dei paesi emergenti. E non sembra una mossa solo d’immagine pronta per essere replicata negli altri Paesi strategici per il gruppo. L’Italia è tornata di moda anche per gli svedesi che tuttavia lamentano ancora l’eccesso di burocrazia che condiziona i piani di investimento.

Nel 2011 ventiquattro fornitori italiani (e fra questi diversi marchi del distretto regionale del mobile) erano già responsabili per la produzione dell’8 per cento di tutti i prodotti usciti dagli stabilimenti gialli e blu nel mondo - in prevalenza mobili - facendo dell'Italia il terzo paese produttore per Ikea dopo Cina e Polonia con 1 miliardo di euro di acquisti da fornitori italiani: «Non abbiamo ancora numeri in grado di quantificare lo spostamento di produzione perchè i volumi in arrivo da questi nuovi fornitori italiani dipenderanno dalla domanda; ci vorrà un anno per avere delle cifre», ha affermato un portavoce dell’azienda. Ieri al Salone del Mobile di Milano è sceso direttamente in campo l’amministratore delegato di Ikea Italia Lars Petersson che ha spiegato la scelta come strategica: «Ikea è alla ricerca continua di possibili sviluppi degli acquisti in Italia che punta ad incrementare. Abbiamo individuato nuovi partner italiani che hanno preso il posto di fornitori asiatici, grazie alla loro competenza, al loro impegno e alla capacità di produrre articoli caratterizzati da una qualità migliore e a prezzi più bassi dei loro concorrenti asiatici». Le prime tre regioni italiane da cui il gruppo svedese si approvvigiona corrispondono ai maggiori distretti del settore: dal Veneto proviene il 38% del acquisti in Italia, a cui seguono il Friuli Venezia Giulia con il 30% e la Lombardia con il 26%.

Petersson, dopo l’annuncio, si è concesso ai microfoni di Radio 24 parlando dell’attrattività degli investimenti stranieri in Italia ma anche dell’insostenibile peso della burocrazia: «Per l'Ikea non è un problema l'articolo 18, ma è l'incertezza dei tempi della burocrazia e della politica. In Italia vogliamo investire di più. Stiamo molto attenti alle scelte logistico ambientali e abbiamo scelto il vostro Paese perchè abbiamo un’ottima esperienza con i fornitori e la loro qualità. I fornitori italiani hanno dimostrato di essere molto flessibili sui cambiamenti dei prodotti. Certo che l’incertezza dei tempi della burocrazia e della politica rendono il mercato italiano meno appetibile».

Gli svedesi stanno molto attenti anche all’iter della riforma sul mercato del lavoro: «L’articolo 18 non è un problema perchè noi lavoriamo e cresciamo con le persone che lavorano con noi. Per noi il problema del lavoro è una richiesta di più flessibilità interna nel cambiare mansione, reparto e orari di lavoro e i contratti attuali non sono flessibili. L'Italia è un paese nel quale vogliamo investire e il nostro è un pensiero a lungo termine».

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