Idrogeno “green”: allo studio una nuova sostanza per aumentare la produzione
TRIESTE E’ un nuovo tassello sul fronte della produzione di idrogeno verde, un approccio alternativo al tradizionale processo di elettrolisi dell’acqua ottenuto con l’impiego di energia elettrica da fotovoltaico. Procedimento che, nonostante sia allo studio da decenni, richiede ancora un grosso dispendio di energia e di materiali, rendendo non sufficientemente competitivo il prezzo dell’idrogeno così prodotto.
Un team internazionale di ricercatori ha creato invece un nuovo nanomateriale, capace di aumentare la produzione di idrogeno verde da biomasse attraverso il processo di fotoreforming, che utilizza la luce per estrarre idrogeno da scarti verdi per mezzo di trasformazioni chimiche. Il nuovo fotocatalizzatore, a base di brookite, è al centro di uno studio appena pubblicato su Chem Catalysis da un team di ricerca guidato da Paolo Fornasiero dell’Università di Trieste e dell’Istituto Iccom-Cnr, da Alberto Naldoni e Michal Otyepka del Czech Advanced Technology and Research Institute di Olomouc, in collaborazione con Paolo Moras dell’Istituto Ism-Cnr che gestisce la linea di luce Vuv-Photoemission presso Elettra Sincrotrone Trieste.
Lo studio pone le basi per sviluppare nuovi processi catalitici che usino la luce solare per la produzione di idrogeno verde, sfruttando in modo efficace risorse come i derivati delle biomasse, che sono sostenibili, a basso costo e già integrati nel ciclo produttivo industriale. Questa nuova strada dovrebbe favorire la diminuzione del costo dell’idrogeno verde prodotto per fotocatalisi, rendendolo più competitivo rispetto a quello, meno ecologico, prodotto con le attuali tecnologie, tipicamente a partire dal metano.
«Anziché il fotocatalizzatore più noto, il biossido di titanio (presente nelle creme solari, ndr), abbiamo usato la brookite, un polimorfo simile cui abbiamo applicato un trattamento chimico di riduzione, migliorandone le prestazioni nella produzione fotocatalitica di idrogeno», racconta Fornasiero. Poiché lo splitting dell’acqua, ovvero la sua scissione in atomi di idrogeno e ossigeno, con luce solare e un catalizzatore è un processo ancora poco efficiente, i ricercatori si stanno ora concentrando sul fotoreforming di acqua e alcoli derivanti da biomasse, scarti agricoli o acque reflue che contengono tracce di composti organici. «Con questa ricerca abbiamo studiato come le diverse biomasse reagiscono rispetto a una serie di materiali e quali meccanismi s’innescano per la produzione d’idrogeno. Si tratta di ricerca di base, che però auspichiamo possa trasformarsi presto in qualcosa di rilevante dal punto di vista applicativo». Per quanto sia ancora in fase embrionale, su questo approccio alternativo al classico fotovoltaico accoppiato a elettrolizzatori le maggiori potenze mondiali, dalla Cina agli Stati Uniti, dall’Australia al Giappone alla Germania, stanno investendo», evidenzia Fornasiero. «L'idrogeno verde è essenziale per terminare la dipendenza dell'Europa da un fornitore inaffidabile e pericoloso come la Russia», ha dichiarato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen parlando delle novità contenute nel Repower Eu, annunciando che risorse da aiuti di Stato, progetti comuni Ue che «saranno approvati entro l'estate» e «9,3 miliardi di euro di Next Generation EU in progetti per l'idrogeno pulito» daranno l'avvio a investimenti industriali privati nel settore oltre i 50 miliardi di euro. —
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