I vicini di casa: «Voleva farci saltare in aria»

I condomini sotto choc. La famiglia Nicco: «Se fossimo stati qui, forse avremmo potuto fare qualcosa»
Di Gianpaolo Sarti

«Orribile, siamo senza parole, cosa le hanno fatto, ma perché l’hanno uccisa...?». Sono le due del pomeriggio. La famiglia Nicco sta pranzando. Hanno il televisore acceso sul tg della Rai regionale, il giornalista ha appena dato la notizia dell’omicidio di Nerina Zennaro Molinari in via Puccini 32. Era la loro vicina, vivevano da decenni nello stesso pianerottolo. Solo un muro divide i due appartamenti. Si parlavano ogni giorno, talvolta dai terrazzi. Il mattino del 22 gennaio i Nicco non erano nel loro alloggio, erano a festeggiare un compleanno. «Forse, se fossimo stati qui, avremmo sentito i colpi, le urla, forse saremmo potuti intervenire, far qualcosa per aiutare la povera Nerina», dice il signor Agostino. Il piano dell’assassino era di coprire qualsiasi traccia. Ha rotto i tubi del gas per far scoppiare tutto, voleva far esplodere l’intero stabile. Sarebbe stata una strage, la loro casa distrutta, sarebbero morte altre persone. La famiglia Nicco non riesce neppure a immaginare tutto questo. È come se si trovassero in casa, di colpo, una realtà che si vede solo nei film. Non in una famiglia normale che abita in via Puccini.

«Avremmo potuto ritrovarci l’appartamento disintegrato - scuote il capo la signora Anna - è pazzesco. Ed è pazzesco cosa hanno fatto a Nerina, era una persona tranquilla, autosufficiente in tutto. Aveva solo un po’ di problemi a camminare, ma comunque ce la faceva. Nonostante l’età era lucidissima». Nello stabile i rappresentanti di aspirapolveri, o di altri oggetti per la casa, si vedono di frequente. «Noi non apriamo a nessuno perché non ci si può fidare di nessuno», aggiunge il signor Roberto. La famiglia Nicco è scossa, così come tutto il rione dove Nerina era conosciuta. «Me la ricordo bene - commenta Remo Ivaldi, macellaio - la signora era una mia cliente. Avevo sentito di quella fuga di gas, ma non l’avevo collegata a lei. Ora scopriamo che l’hanno uccisa, sono senza parole». Il quartiere vive nell’incredulità e nell’orrore ma anche nella diffidenza: la paura di aprire la porta a qualsiasi sconosciuto. «No, non bisogna mai fidarsi, quello che è successo è una cosa bruttissima - afferma la signora Maria Paolucci - hanno ammazzato una povera signora anziana e poteva scoppiare tutto il palazzo». «Questa è una zona tranquilla, un omicidio qua non è mai capitato - osserva Antonio Sain dal suo supermercato a qualche decina di metri dal palazzo in cui abitava Nerina - la gente deve imparare a non dare confidenza agli estranei. Ma tanti anziani sono soli e hanno piacere di parlare con qualcuno. Li vedo io qui che si attardano a fare la spesa proprio per chiacchierare, per vivere un momento di socialità». E poi, aggiunge Sain, c’è un altro problema: «Si fidano. Sono alla vecchia maniera e quando vedono qualcuno vestito bene, che si presenta bene, si dimostra curato e rassicurante, come sono tanti rappresentanti, si fidano dell’apparenza».

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