I triestini riscoprono lo sport “fai da te”: bici e pesi introvabili

TRIESTE In tempi di lockdown l’attività sportiva a casa, o per quanto consentito all’aperto, rappresenta di fatto una delle poche valvole di sfogo. Ed è così che anche tra i triestini un tempo sedentari c’è chi si è riscoperto, ora, almeno un po’ più sportivo, avvicinandosi al fitness “fai da te” in casa e rispolverando la cara vecchia bici. Una scelta che ha favorito il commercio sportivo a tal punto che oggi, dopo un anno di strette, alcuni scaffali restano vuoti.
Ad andare a ruba sono soprattutto manubri e cavigliere con i pesi, elastici e tappetini, attrezzi per la palestra “domestica” rivelatisi a più riprese delle rarità nei negozi del territorio e persino online. Ma anche e soprattutto le bici, che diventano in certi casi introvabili o per le quali i tempi di attesa si dilatano. Qui incide l’escalation della domanda ma anche il fatto che si sta registrando un rallentamento della produzione dei pezzi di ricambio. A confermare questa tendenza sono alcuni negozi specializzati, tra storici e catene. Da Sportler, al Giulia, sono in attesa della nuova collezione di bici che quest’anno, eccezionalmente, arriverà in quattro tranche: aprile, giugno, settembre e addirittura gennaio.

«Mancano alle case madri le componenti, perché la produzione l’anno scorso praticamente ovunque si è fermata per un bel po’», commenta il personale: «Quest’anno tuttavia avremo un numero di bici minore del solito, perché le case madri ci avevano comunque anticipato alcuni modelli 2021 l’anno scorso, quando abbiamo venduto in un mese e mezzo, anche grazie al bonus, un numero di pezzi che di solito vendevamo in due anni normali, sia mountain bike sia elettriche. Tanto che questo inverno non avevamo nulla, nonostante continuasse a esserci richiesta».
Da Aerre Bike il titolare Alessandro Rojc specifica come il mercato si spacchi in due. Da una parte c’è una carenza di mezzi che costano attorno ai 500 euro: «Questo perché c’è una carenza generale di componentistica e in questo caso di telai prodotti per la maggior parte in Cina, dove a causa del coronavirus la produzione si era bloccata per sette mesi. Produzione che viene realizzata in un anno per quello successivo, di solito. Sento di tante aziende che in Italia hanno messo in cassa il personale, perché, sì, c’è la richiesta di bici, ma non c’è lavoro perché non arrivano i pezzi. La crisi per noi deve ancora arrivare, se andiamo avanti con questi ritmi a giugno e luglio avremo già finito i pezzi».
Dall’altra parte però, specifica Rojc, ci sono prodotti solo made in Italy - come Basso, che costruendo in casa il telaio - che sono più avvantaggiati e riescono a produrre più velocemente. Da Cottur, in via Crispi, dove nell’ultimo anno c’è stato un incremento di vendite del 30% di bici elettriche e tradizionali, «in questo momento sono riprese le consegne delle biciclette», conferma il titolare Giovanni Cottur: «Io riesco ad avere dei canali preferenziali, anche perché siamo un negozio storico. Tuttavia non riesco ad accontentare tutti i clienti. C’è sempre qualche bici che manca».
Con scaffali vuoti temporaneamente da pesi e cavigliere è Decathlon, al Montedoro. Manubri mancano anche da Cisalfa in via San Francesco. «Sono articoli – spiegano dai punti vendita – che, assieme a cyclette, ellittiche e tapis roulant, sono stati vendutissimi nell’ultimo anno».—
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