I super antibiotici trovati nel genoma dei draghi di Komodo

TRIESTE Giugno 2008. Un gruppo di subacquei riemerge dalle acque dell’oceano Indiano nella regione di Flores, in Indonesia e si ritrova all’interno di una corrente fortissima. I sub perdono il contatto con la barca e vengono trascinati in oceano aperto. Usando la loro attrezzatura, riescono a galleggiare e si tengono aggrappati l’un l’altro mente sono trascinati dalla corrente. Dopo dieci ore, quando è ormai mezzanotte e si trovano a 45 chilometri dal punto di partenza, scorgono un’isola. Stremati, ne riescono a raggiunge una spiaggia. Ma la loro disavventura non è finita: l’isola è Rinca Island, dove vivono più di 1300 dragoni di Komodo, spaventose lucertole giganti. L’attacco inizia immediatamente. I sub cercano di allontanare gli animali con le pietre e i pesi che avevano usato per le immersioni. Accerchiati dai lucertoloni, resistono per due giorni e due notti, finché, disperati, sono salvati da una motovedetta indonesiana.
Il drago di Komodo è un relitto evolutivo. I lucertoloni possono raggiungere 3 metri di lunghezza e 100 kg di peso. Corrono fino a 20 km all’ora, si immergono a oltre 4 metri di profondità e salgono sugli alberi per raggiungere le loro prede. Sono strettamente carnivori: grazie a una potente sostanza anticoagulante nella saliva, i cervi e i cinghiali che mordono muoiono dissanguati.
Poi li inghiottono in grandi pezzi, che digeriscono con calma; sopravvivono anche facendo soltanto 12 pasti in un anno. Quando un drago colpisce una preda anche altri draghi vi si avventano, sentendo l’odore del sangue fino a 9 km di distanza. I maschi combattono per la riproduzione; spesso quello che soccombe viene mangiato dal vincitore. Nel 2007, un drago ha ucciso un bambino di 8 anni sull’isola di Komodo, quando giocando era entrato nella boscaglia. E gli abitanti di Komodo hanno dovuto spostare il
Sembra una storia horror, ma è proprio in questo animale spaventoso che sono riposte grandi speranze per la medicina. Con uno sforzo durato 8 anni, un team di ricercatori di San Francisco è ora riuscito a sequenziare l’intero genoma del drago. Questo ha rivelato la presenza di una serie di geni che codificano per peptidi antimicrobici, piccole proteine in grado di inibire la crescita dei batteri delle specie più pericolose. Questi peptidi, che consentono agli animali di sopravvivere ai morsi altrimenti letali degli altri draghi e di poter cibarsi di carne putrefatta, potrebbero essere utilizzati per trattare le infezioni da batteri resistenti a tutti gli antibiotici, che oggi rappresentano una minaccia importante e crescente della sanità pubblica. —
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