I sub triestini nel relitto della nave «È una trappola»

Luciano Russo è uno dei sommozzatori inviati al Giglio: «Esplorazione difficile. È un labirinto pieno di insidie»
sterle luciano russo
sterle luciano russo

di Pietro Spirito

TRIESTE

«La nave si muove, è appoggiata a un fondale di venti metri, sotto c’è un terrazzamento a 38 metri, e poi un salto fino a - 90. Il rischio che possa scivolare laggiù è concreto». Luciano Russo, uno dei quattro speleosub triestini del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (Cnsas) del Friuli Venezia Giulia inviati all’Isola del Giglio per perlustrare il relitto della Costa Concordia, non nasconde le difficoltà che le varie squadre di sommozzatori giunte da ogni parte d’Italia dovranno affrontare nei prossimi giorni. Inclinato di novanta gradi, per metà sommerso, il relitto della Concordia al suo interno è un labirinto buio e pieno di trappole.

Fino ad ora i sommozzatori hanno compiuto alcune immersioni “di assaggio”, ma una penetrazione in profondità è operazione da pianificare nel dettaglio. «Poi – continua Russo – fino a questo momento era necessario calarsi da venti metri d’altezza, cioè dalla parte emersa del relitto, per raggiungere l’interno». Intervento complesso da compiere con le ingombranti e pesanti attrezzature subacquee, tanto che è stato deciso di demolire con l’esplosivo due grandi vetrate in modo da agevolare l’ingresso dei sub nel vasto salone centrale, da dove tenteranno di raggiungere le cabine. Terzo problema, spiega il soccorritore triestino, «è il cedimento delle strutture interne che crea seri ostacoli alla progressione in immersione». Pezzi di moquette, cavi, pannelli dei controsoffitti staccati, oggetti di ogni genere: nel relitto allagato i sommozzatori si troveranno di fronte ogni tipo di ostacolo, senza contare l’inclinazione della nave, che provoca disorientamento. Già in superficie navi come la Costa Concordia sono, all’interno, quasi dei labirinti, capovolte e immerse diventano un vero rebus.

Non appena gli incursori dei Comsubin avranno aperto, come previsto, un varco attraverso le grandi vetrate, le squadre di sommozzatori, spiega ancora Russo, effettueranno una serie di ricognizioni a pelo d’acqua, per poi tentare di scendere più in profondità. «Come in una grotta - dice il soccorritore triestino, che ha alle spalle una vasta esperienza di interventi estremi - si devono effettuare immersioni al buio e al chiuso, solo che qui l’ambiente è molto più complesso e pericoloso, sia per l’instabilità della nave, sia per le ostruzioni dei passaggi».

Luciano Russo ha raggiunto l’isola del Giglio assieme ad altri tre esperti speleosub giuliani: Duilio Cobol, Gianfranco Manià e Paolo Alberti. Dalla nostra regione sono partiti anche gli speleosub Umberto Aviani di Cividale e Stefano Zufferli di San Pietro al Natisone, entrambi del Cnsas. Coordinati dai vigili del fuoco e mobilitati in virtù di una convenzione con il dipartimento nazionale della Protezione civile, gli speleosub del Soccorso alpino sono i più titolati per operare in una situazione estrema come quella del relitto della Costa.

Entrare dentro un relitto comporta l’adozione di tecniche specifiche e una grande esperienza. «Non è tanto la profondità - spiega ancora Luciano Russo - quanto piuttosto la complessità dell’ambiente». La nave è immersa per circa venti metri, profondità che, al momento, non obbliga all’uso di miscele. Il punto è che non ci sono precedenti nell’esplorazione con operatori subacquei di un relitto di queste dimensioni. L’Andrea Doria, il più grande transatlantico in fondo al mare esplorato da subacquei, era lungo 213 metri, aveva 10 ponti e 29.083 tonnellate di stazza lorda, mentre la Concordia ha 1500 cabine, è lunga 292 metri, ha 13 ponti e 114.147 tonnellate di stazza lorda.

Ieri mattina le immersioni sono state sospese per le cattive condizioni del mare. Dovrebbero riprendere oggi, ma già da giovedì è previsto di nuovo maltempo. «Non sarà un lavoro né breve né facile - aggiunge Luciano Russo - si sta pianificando un piano d’intervento il più dettagliato possibile». Le tecniche utilizzate per esplorare il relitto saranno in buona misura quelle in uso nella speleosubacquea dove, a differenza delle immersioni in acqua libera, si opera in solitaria. Di qui, l’importanza di sdoppiare di ogni fondamentale componente dell’attrezzatura: due bombole separate, ciascuna col proprio erogatore e proprio manometro, due computer, almeno tre – se non quattro o cinque - fonti di illuminazione indipendenti, la fondamentale sagola guida. Insomma un’attrezzatura ingombrante, che nel caso del relitto della Concordia, labirintico e ingombro di rottami galleggianti, potrebbe addirittura essere pericolosa. «Per questo - dice ancora Luciano Russo - stiamo pensando un modo per ridurre l’attrezzatura ed entrare nel relitto più “leggeri”».

In serata, intanto, erano attesi al Giglio venti dipendenti della Smit Salvage, la società incaricata dalla Costa Crociere di pompare il carburante dai serbatoi della Concordia. Le operazione di pompaggio delle oltre 2300 tonnellate di carburante a bordo cominceranno «nei prossimi giorni», secondo il portavoce della società, precisando che dipenderà dall’arrivo del materiale sul posto e dalla stabilità della nave. «Il proprietario della nave ci ha chiesto di assicurarci che il carburante venga estratto dalla nave in completa sicurezza», ha spiegato. Anche per capire come si comporterà il relitto con tanto peso in meno.

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