I soldi mai spesi per controllare le grotte

La Federazione speleologica denuncia l’impasse dell’analisi sull’inquinamento delle cavità carsiche
Di Lorenza Masè

A chi interessa se non si vede? Niente di più conveniente, per liberarsi di rifiuti pericolosi il cui smaltimento per vie legali è costoso, delle cavità naturali del Carso triestino. Il fenomeno, nella sua pericolosità, sembrava essere stato preso sul serio quando il primo agosto 2014 con la delibera 35 il Comune stanziava 30mila euro per condurre indagini sullo stato di salute delle nostre grotte, di pubblico dominio il fatto che siano inquinate. Celebre il caso nel 1972: dopo l’attentato di Settembre nero all’oleodotto di San Dorligo, il petrolio fuoriuscito e il terreno contaminato furono versati nel Pozzo dei colombi, vicino a Basovizza, solo parzialmente bonificato dalla Regione. Ci sono anche il Pozzo del Cristo, tra Basovizza e Gropada, e l’elenco è lungo. Ciò a cui forse è meglio non pensare è che attraverso i cunicoli, trasportato dalle piogge, tutto finisce in mare, inquinando l’acqua e il pesce che mangiamo. «Meglio non far niente che scoprire cosa è stato abbandonato in più di 250 grotte della provincia di Trieste», denuncia oggi Furio Premiani, presidente della Federazione speleologica triestina. A un anno dallo stanziamento dei fondi «non è stato fatto nulla», dichiara Premiani, e «se nessuno si muove le nostre grotte potrebbero lentamente diventare un serio pericolo per le falde acquifere».

Ultimamente, fa sapere la Federazione speleologica, sono stati individuati pezzi di eternit, probabilmente di qualche tetto, scaricati all’interno di una grotta nel Comune di Duino-Aurisina. I 30mila euro dovevano servire per eseguire indagini conoscitive sullo stato di inquinamento delle grotte nel Comune di Trieste e per effettuare il censimento di almeno 50 cavità, fornendo per ogni grotta inquinata una relazione dettagliata su tipologie e quantità degli inquinanti. «L’assessore Laureni - prosegue Premiani - dopo aver consultato i propri tecnici ha fatto sapere alla Federazione speleologica che sarebbe stata l’Arpa, per competenza, a svolgere le indagini conoscitive sullo stato di inquinamento delle grotte al fine di valutare l’entità del problema e programmare eventuali interventi di bonifica».

Tre quindi gli enti della vicenda: Comune di Trieste, Regione e Arpa. Premiani oggi denuncia la circostanza kafkiana che ad un anno, con il balletto delle responsabilità, tiene tutto inesorabilmente fermo. I soldi, ne dà certezza Umberto Laureni, assessore comunale all’Ambiente, non sono stati spesi. Ma dichiara: «Abbiamo le mani legate perché prima di mandare sul fondo delle grotte delle persone, seppur esperti speleologi, è necessario conoscere almeno in linea di massima la composizione dei rifiuti siti sul fondo della grotta, per le eventuali controindicazioni a livello di salute, il rischio di materiale esplosivo o la presenza di idrocarburi sul fondo che possono provocare la mancanza di ossigeno». «L’unico referente per il Comune - prosegue - in grado di fornire una risposta in termini di analisi dell’eventuale composizione delle sostanze è per legge l’Arpa». Dunque, tutto è fermo perché è indispensabile, prima di avviare l'operazione, approfondire le caratteristiche dei rifiuti che si trovano nelle grotte che gli speleologi si accingono a pulire. L'approfondimento chimico delle sostanze presenti spetta all’Arpa che sembra a questo punto il nodo cruciale di tutta la questione. «Ho sollecitato io stesso più e più volte - dichiara Laureni - una risposta da parte dell'Arpa che non è mai pervenuta». In altre parole in un anno l’Arpa non ha ancora detto se è disponibile o meno a svolgere le analisi propedeutiche al risanamento di una qualsiasi delle grotte. Solo dopo aver ottenuto un parere negativo o positivo il Comune potrà scegliere altre strade. Laureni auspica infine che la Regione rimetta in piedi il coordinamento tra gli enti locali, il primo passo per utilizzare il catasto delle grotte e definire il programma di risanamento. Il fatto è che 30mila euro sono rimasti inutilizzati. E chi mai andrà a controllare tutto ciò che è stato occultato nella pancia del nostro Carso?

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