I sindacati “scaricano” i furbetti della Ragioneria
GORIZIA «Il sindacato difende i lavoratori, chi lavora, non i furbetti del cartellino. Questi vanno cacciati, licenziati. E non serve neppure attendere la magistratura. Basta applicare il contratto di lavoro». Rossana Giacaz, segretario provinciale della Funzione pubblica Cgil, non ha il minimo dubbio sui provvedimenti da prendere nei confronti dei due dipendenti assenteisti della Ragioneria territoriale dello Stato di Trieste, ma pone anche due questioni. «Dov’erano i dirigenti? Cosa faceva chi doveva controllare? In ogni caso il fenomeno riguarda anche il privato - insiste Giacaz -. Non mi va che qualcuno usi questa vicenda come luogo comune per demolire il pubblico. I furbetti ci sono dappertutto. E nel pubblico c’è gente che lavora duramente. In realtà spesso sotto organico». Su questo il fronte sindacale è compatto e indignato. «Chi esce senza timbrare commette un reato - afferma Davide Volte, referente provinciale della Cisl Funzione pubblica per i dipendenti statali - ma per fortuna sono solo persone isolate. Il loro comportamento però mette in cattiva luce la maggioranza dei dipendenti pubblici, persone oneste e che lavorano seriamente».
La Procura di Trieste, intanto, intende andare fino in fondo a questo nuovo caso di assenteismo che travolge un ente pubblico: i due dipendenti della Ragioneria dello Stato, con sede in via del Teatro Romano, pizzicati dalla guardia di finanza mentre escono dall’ufficio per fare shopping, andare al bar o a passeggiare in centro. E senza timbrare il cartellino. Si tratta della cinquantaquattrenne Carmela Perrotta e del cinquantaseienne Peppino Muscas, entrambi impiegati ed entrambi indagati per truffa aggravata. Da quanto risulta uno dei due inquisiti, la cinquantaquattrenne Perrotta difesa dall’avvocato Monica Scarsini, è già stata interrogata dal pm Federico Frezza che coordina l’inchiesta. Nei prossimi giorni toccherà all’altro indagato, il collega Muscas. Ma a detta dell’avvocato Paolo Codiglia, che tutela il cinquantaseienne, al proprio assistito vengono contestate in realtà soltanto poche ore: «Nulla di particolarmente rilevante», affermava Codiglia nei giorni scorsi. Dal canto suo il diretto interessato ha di fatto ammesso le proprie responsabilità, pur precisando che da parte sua non c’era alcuna intenzione di truffare l’ente. «Non andavo al bar o a giocare a bocce - spiegava l’uomo -, ricordo che una volta sono uscito senza timbrare perché dovevo prendere la figlia che mi aspettava fuori da sola. Un’altra volta sono uscito soltanto per un quarto d’ora per recarmi in farmacia. Saprò spiegare la mia situazione, anche perché mi vengono attribuite soltanto due ore. Non andavo di certo al casinò». Dall’altra indagata, la signora Perrotta, al momento non arriva alcuna spiegazione.
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