I serbi di Bosnia omaggiano Karadzic
ZAGABRIA. L'ultima provocazione di Milorad Dodik, il presidente della Republika Srpska (una delle due entità, assieme alla Federacija croato-musulmana, che compone la Bosnia-Erzegovina), è arrivata da Pale, cittadina a sud-est di Sarajevo ed ex quartier generale delle forze serbe durante la guerra (1992-1995).
In completo azzurro chiaro e con un sorriso altrettanto smagliante, Dodik ha inaugurato davanti alle telecamere un dormitorio per studenti che porterà il nome di "Radovan Karadzic", ovvero quello del primo presidente della Repubblica Serba (Rs) di Bosnia, nonché uno dei principali attori del conflitto degli anni Novanta.
Accusato di crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio, Karadzic è attualmente sotto processo all'Aja e la lettura della sentenza è stata annunciata per dopodomani. Il gesto di Dodik, quindi, è di aperta sfida non soltanto ai giudici e alla Corte penale internazionale, che critica costantemente, ma anche alla comunità bosgnacca (musulmana) che aspetta da anni un verdetto che faccia giustizia su quanto avvenuto.
«È un momento altamente simbolico», ha dichiarato Dodik presentando la targhetta onorifica appena installata all'ingresso del "Dormitorio Radovan Karadzic" (i cui lavori, riporta l'agenzia Tanjug, erano iniziati ancora nel 2013).
«Siamo di fronte a una giustizia selettiva, che non è giustizia per tutti ma che è diretta contro un unico popolo e i suoi rappresentanti», ha aggiunto Dodik prima di abbracciare la moglie e la figlia di Karadzic, presenti per l'occasione.
La sentenza, secondo il presidente della Rs, «sarà probabilmente di condanna» e «renderà più complessi» i rapporti tra Sarajevo e Banja Luka, l'attuale capitale dell'entità serba di Bosnia. Dodik, che non perde occasione per invocare una maggiore autonomia per la sua Republika Srpska, ha infine affermato che «mentre Karadzic è in carcere all'Aja, l'ex comandante delle forze musulmane a Srebrenica, Naser Oric, colpevole di uccisioni, si difende a piede libero».
Ma nonostante le rimostranze del leader serbo bosniaco, è sul caso Karadzic e non su quello Oric, sotto processo a Sarajevo, che tra pochi giorni si avrà una sentenza storica. Il verdetto «sarà tra i più importanti mai emessi dal tribunale» e rappresenterà «la soddisfazione dei famigliari di tutte le vittime», ha dichiarato il procuratore capo del Tribunale penale internazionale per l'ex Yugoslavia (Tpiy) Serge Brammertz.
Karadzic, oggi settantenne, è all'Aja dal 2008, ovvero da quando, dopo quasi 13 anni di latitanza, fu arrestato a Belgrado ed estradato nei Paesi Bassi. Tra gli undici capi d'accusa che sono stati presentati contro questo psichiatra e politico originario del Nord del Montenegro figurano sia l'assedio di Sarajevo, durato quasi quattro anni e costato la vita ad oltre diecimila persone, sia il genocidio di Srebrenica, durante il quale almeno ottomila uomini musulmani furono trucidati nell'arco di pochi giorni.
L'imputato, che si dichiara innocente, afferma di non riconoscere l'autorità del tribunale, che orchestrerebbe a suo dire un complotto contro di lui e contro i serbi, e sostiene che diversi dei massacri citati dalla corte sono stati in realtà perpetrati dagli stessi bosgnacchi per attirare l'attenzione internazionale.
Ma l'accusa giudica le affermazioni del primo presidente serbo-bosniaco come «menzogne e generalizzazioni tese a creare una realtà diversa da quella effettiva», come dichiarato dal procuratore Alan Tieger. Al processo che terminerà dopodomani l'accusa ha chiesto di punire Karadzic con l'ergastolo, mentre l'interessato ha già annunciato un ricorso in caso di condanna.
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