I reali serbi in battaglia per la restituzione dei beni
BELGRADO. Sono tornati in patria quasi vent’anni fa, dopo un lunghissimo esilio conseguenza prima dell’occupazione nazifascista del Paese, poi del trionfo del nuovo potere comunista. Si sono reinseriti nella società e nella politica serba, diventando figure sempre più in vista sulla scena pubblica. E continuano, ora con maggiore determinazione e impegno, a tentare di riavere indietro immobili di grande valore, ville e castelli un tempo appartenuti alla famiglia più importante di un regno che non c’è più, quello di Jugoslavia. La famiglia in questione risponde al nome Karadjordjevic, dinastia reale serba senza più un trono. E ancora espropriata di una lunga lista di proprietà di gran pregio che furono confiscate e nazionalizzate dalla Jugoslavia del Maresciallo dopo la Seconda guerra mondiale. Ma quelle proprietà del valore di svariati milioni di euro - è l’auspicio della famiglia reale - devono essere restituite al legittimo proprietario e per questo si starebbe alacremente lavorando per concludere battaglie già iniziate negli anni scorsi.
Lo ha rivelato il portale Balkan Investigative Reporting Network (Birn) dopo avere preso visione di un documento, ascrivibile alla famiglia, che elenca le proprietà bersaglio dei suoi avvocati nel complicatissimo processo di restituzione in corso nei Balcani. Documento che rivela in particolare nuove mire su tre immobili storici in Montenegro, una villa a Milocer, ex residenza estiva del re sulla costa adriatica, e annessi terreni su cui oggi è edificato un grande hotel. Sul castello “Ljeskovac”, nei pressi del paesino di Rijeka Crnojevica, ma anche sulla casa di Cetinje, dove nel 1888 nacque il futuro re Alessandro I, ucciso nel 1934 a Marsiglia. Il luogo è oggi un museo.
Contattato da Birn per un commento, l’ufficio della famiglia reale serba ha declinato, specificando «che il caso è ancora aperto». Ma il documento citato scotta, perché include anche altre proprietà e non solo che i Karadjordjevic rivorrebbero indietro. Sulla lista dei desideri, ha scritto Birn, figurano anche «miniere di oro e carbone» localizzate in Serbia e in Bosnia, così come «una biblioteca» a Belgrado, una centrale elettrica, ex caserme e altre proprietà in quel di Oplenac, in Serbia, ma anche una villa a Bled, un tempo di proprietà della regina Maria.
Nel mirino anche «lingotti e monete d’oro e gioielli», che furono presi in consegna dalla Banca nazionale di Jugoslavia nel 1982. Resta da vedere come si svilupperà il caso e se i desideri si tramuteranno in realtà, almeno in parte. Di certo le mosse dei Karadjordjević hanno diviso tra favorevoli e contrari l’amministrazione locale di Budva, dove si trova Milocer, ha raccontato Birn. «Faremo tutto il necessario per difendere la nostra proprietà e pensiamo di avere le carte» in regola per farlo, ha fatto invece sapere il gruppo che gestisce l’hotel a Milocer.
I Karadjordjević hanno però dalla loro qualche alleato, almeno nel caso del Montenegro. Come il metropolita ortodosso Amfilohije, che ha lanciato un vero e proprio anatema. «Quello che è stato preso con la forza è maledetto» e va restituito a «chiunque lo chieda» e ne abbia diritto, «anche ai Karadjordjević», ha dichiarato. Amfilohije che ha poi fatto riferimento ance al destino di molte proprietà e terreni confiscati dal regime socialista. Regime che «prendeva per il popolo, a quel tempo era persino comprensibile», ma, caduto Tito, i nuovi Stati hanno spesso «privatizzato» proprietà che ora dovrebbero essere rese ai vecchi proprietari.
La guerra per la restituzione del resto non riguarda solo la decaduta famiglia reale. In Serbia ha di recente provocato scalpore la notizia, data dal quotidiano Vecernje Novosti, che quest’anno l’Agenzia per la restituzione dovrà occuparsi della questione degli immobili un tempo appartenuti a Milos Savčić, politico, industriale e prima della Seconda guerra uno degli uomini più ricchi del Paese, beni requisiti dopo il 1945. Anche in questo caso si parla di terreni, case, ville, miniere, immobili per un valore attuale di 17 miliardi, come sostiene il pronipote Vladimir Lesić che da anni si batte per la restituzione. E persino per un risarcimento per il terreno un tempo proprietà di Savcic su cui sorge la Casa dei Fiori, il mausoleo di Tito.
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