I quattro parametri che ci fanno capire la metrica pandemica

Si continua a parlare di numero di tamponi positivi, percentuale di mortalità, numero di persone che necessitano di terapia intensiva. Ma quest’infezione ha anche una metrica più complicata, senza la quale è difficile comprendere il significato di molte delle azioni preventive e diagnostiche che sono state intraprese o che lo dovranno essere in futuro
Scientist viewing human sample on glass slide before placing under microscope in laboratory
Scientist viewing human sample on glass slide before placing under microscope in laboratory

TRIESTE Si continua a parlare di numero di tamponi positivi, percentuale di mortalità, numero di persone che necessitano di terapia intensiva. Ma quest’infezione ha anche una metrica più complicata, senza la quale è difficile comprendere il significato di molte delle azioni preventive e diagnostiche che sono state intraprese o che lo dovranno essere in futuro. Sono almeno altri quattro i parametri da tenere in considerazione.


Il primo è quello della carica virale (il viral load degli anglosassoni). È una misura della quantità di virus presente in un individuo ammalato o di quella necessaria per infettarne uno sano. Il tampone dà una misura qualitativa della presenza del virus, basato com’è su una metodica molto sensibile che rintraccia anche quantità minime di virus, in linea teorica anche una singola particella. Ma è con ogni probabilità la carica virale presente che contribuisce a condizionare la gravità della malattia. Perché l’infezione è così letale nei medici di terapia intensiva negli ospedali? Probabilmente perché sono esposti a una carica virale molto alta.

La grande corsa (forse troppo lenta) per avere il vaccino
Una scienziata al lavoro


Correlato alla carica virale è pure il concetto di R0, ovvero quanti nuovi individui contraggono l’infezione a partire da uno infetto. Qui la carica virale si fonde con la capacità di diffusione. Per questo coronavirus, R0 è intorno a 2,6, cioè 2,6 nuove persone si infettano a partire da una. Non è moltissimo, se si considera che per il morbillo il valore è 7 volte più alto. Uno studio inglese stima che il solo distanziamento sociale in assenza d’ogni altra misura (mascherina) riduce R0 a 0,62; un paragone: nell’influenza stagionale il valore è 1,2.

Due altri parametri fondamentali riguardano gli anticorpi, da tenere in mente ora che stanno dilagando test più o meno validati. Primo, non conta soltanto avere anticorpi contro il virus per sentirsi immuni ma bisogna conoscere il loro titolo, un valore che di fatto ne misura la quantità. Molti dei test che girano, invece, danno solo un valore di presenza o assenza, e nessuno sa di sicuro quale sia il titolo minimo che conferisca un’eventuale protezione. Secondo, gli anticorpi non devono soltanto esserci ma devono essere protettivi, e cioè capaci di legarsi al virus e di neutralizzarne la capacità infettiva. Il saggio degli anticorpi neutralizzanti viene solo ora sviluppato dai laboratori di ricerca.

Senza sapere questo parametro, l’invito ad essere cauti è doppio. Anche perché in altre malattie virali gli anticorpi presenti nel sangue, soprattutto se sviluppati contro altri virus simili, possono addirittura aumentare la gravità della malattia. Pazienza, quindi, prima di trarre conclusioni affrettate. –

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © Il Piccolo