I primi "telealunni" alla fine degli anni Cinquanta

Questa non è la prima generazione di ragazzi italiani a praticare una forma di didattica a distanza. La televisione italiana ha infatti sperimentato, già dalla fine degli anni ’50 del secolo scorso, forme di insegnamento “da remoto”. In molti ricorderanno il maestro Alberto Manzi, che con la sua trasmissione “Non è mai troppo tardi”, per quasi un decennio (dal 1960 al 1968) insegnò a leggere, a scrivere e a far di conto ai nostri connazionali ancora analfabeti.
Forse meno noto è il caso di un altro programma televisivo, “Telescuola”, che esordì nel 1958 e che a partire dal 16 ottobre 1961 diede vita, in forma sperimentale, a un anno scolastico “virtuale” della nuova scuola media unica, che prenderà ufficialmente il via soltanto nel 1963 (dopo la promulgazione, l’anno precedente, della legge istitutiva): dunque i primi studenti che conseguirono la nuova licenza media lo fecero grazie alla didattica a distanza. Nella trasmissione, che proseguì fino al 1966, veniva ripresa dalle telecamere una vera e propria classe scolastica. La televisione entrava così in un’aula con l’intento di rappresentare il modello tipico di una serie di lezioni: gli “attori” erano gli stessi insegnanti e gli stessi alunni.
Una forma di scuola a distanza disponibile a tutti, in cui la televisione ricopriva davvero il ruolo di “servizio pubblico”. Un’iniziativa che rappresentò una grande opportunità di istruzione per tanti ragazzi che, soprattutto al Sud ma anche in alcune zone del Nord, vivevano in piccoli centri rurali lontani dai plessi scolastici. Ma i “telealunni”, cioè i ragazzi che seguivano le lezioni televisive, non erano lasciati soli, cioè non venivano abbandonati a una fruizione puramente passiva dei programmi: il Ministero della Pubblica Istruzione, che collaborava con la Rai all’organizzazione di questi corsi (i quali potevano vantare l’accreditamento statale), istituì sin da subito ben 1.726 “punti di ascolto”, sparsi nelle diverse regioni italiane e presidiati da altrettanti docenti, a cui gli alunni potevano rivolgersi per chiedere spiegazioni integrative in merito alle lezioni seguite.
Era, quest’ultima, una forma di “interattività”, come diremmo noi, assolutamente indispensabile in qualsiasi tipo di didattica. E anche oggi è a questa dimensione che dobbiamo puntare, al di là delle concrete modalità di svolgimento delle lezioni. Perché altrimenti – in presenza o a distanza poco cambia – non si dà vero apprendimento. —
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