«I pregiudizi restano sempre ma mia figlia ora è felice. È stato come rinascere»

Il racconto dei genitori di Giulia, giovane torinese

TRIESTE. «Un giorno mio figlio è venuto da me e mia moglie e ci ha detto: “Non mi sento un uomo”. È stato un terremoto, siamo stati travolti da mille paure e angosce. E la cosa più difficile è stata capire che cosa stesse accadendo». Ha la voce emozionata, Gianni Roggero, torinese di 59 anni, grafico in pensione, quando racconta la sua avventura di padre di transgender.

Sua figlia Giulia aveva 16 anni quando ha fatto il coming out in famiglia, appoggiata dal fratello maggiore. Un anno dopo, ha iniziato la terapia di transizione che l’ha portata tre anni fa, a 21 anni, da uomo a diventare ciò che si era sempre sentita: donna. Ma non è stato facile.

«All’inizio abbiamo pensato che fosse omosessuale – prosegue Roggero – Per un anno l’abbiamo fatta seguire dallo psicologo. Al termine della terapia è venuto fuori che Giulia non era gay, ma transessuale. Per noi genitori è stata una mazzata: eravamo consapevoli di vivere in una società omotransfobica, che discrimina questi ragazzi, spesso vittime di aggressioni, sono cose che tolgono il sonno a un genitore. Allora ci siamo rimboccati le maniche».

Una grossa mano è arrivata dall’Agedo, Associazione Genitori di Omosessuali: «Confrontarci con altre famiglie è stato molto utile – dice Roggero –E anche l’équipe del Cidigem di Torino ci è stata vicina. La transessualità non è una perversione né una scelta, è una condizione. Capirlo non è facile ma essenziale: per noi è stato da una parte un lutto perché per 17 anni abbiamo cresciuto un figlio, facendo progetti e così via: poi, a un certo punto, ci siamo resi conto che non era più nostro figlio ma nostra figlia. Dall’altro lato, però, è stata una rinascita. La persona era la stessa, ma abbiamo dovuto sforzarci di capire che non era più quello che noi pensavano».

Gli ostacoli sono stati molti. «Giulia soffriva molto le trasformazioni del corpo, aveva orrore della barba, mangiava poco, non faceva sport per paura che le crescessero i muscoli – ricorda il padre – La terapia ormonale è stata fondamentale. Tutto il percorso medico lo è stato». Raccolta tutta la certificazione medica con la diagnosi della disforia di genere, la famiglia Roggero si rivolge al tribunale per il via libera al cambio. Ma il percorso si mostra ancora lungo. «L’attesa sia per la sentenza sia per l’operazione era lunga, mesi se non anni – dice il padre – E Giulia stava troppo male: “Non riesco a vivere così”. A quel punto siamo partiti per Bangkok dove opera un luminare. Siamo rimasti lì un mese, per una spesa di 14mila euro totali. L’intervento è andato bene e la vita di tutti noi ha avuto una bella svolta».

Oggi ha 24 anni, studia matematica finanziaria ed è fidanzata. «Vive serena – dice Roggero – Ma attenzione: con la condizione di trans bisogna fare in conti tutta la vita, seguendo la cura ormonale e provando a combattere il pregiudizio che, ahinoi, è vivo e vegeto».

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