I portuali “autonomisti” strappano l’intesa
Torna il sereno in Porto. Ieri pomeriggio il Commissario straordinario, Zeno D’Agostino, al termine della riunione con i rappresentanti del Coordinamento dei lavoratori del porto di Trieste (Clpt-Usb), ha firmato un provvedimento che accoglie le richieste formulate dalla sigla sindacale vicina ai gruppi autonomisti e poi sostenute con lo sciopero generale dello scalo attuato l’altro ieri. In sintesi, saranno garantite la stabilità occupazionale ai lavoratori della ex cooperativa Primavera, oggi in forza alla Delta Uno e l’applicazione dei contratti collettivi nel settore emporiale, con espresso divieto di retribuzioni basate sul cottimo integrale, cioè collegate al numero dei sacchi movimentati. L’Autorità portuale inoltre aprirà tavoli di mediazione sulle vertenze aperte e vigilerà sulla corretta corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori della Minerva, congelerà il procedimento di cessione di quote della controllata Adriafer e trasformerà la Porto Trieste servizi in società “in house”, garantendo la continuità dei contratti ai dipendenti. Da parte sua, il Clpt-Usb si impegna a rispettare le norme in materia di autoregolamentazione dello sciopero. Tutto ciò sarà attuato dall’Apt entro il 15 novembre e fino a tale data i rappresentanti del Clpt-Usb si sono impegnati a non indire scioperi.
«Era fondamentale arrivare a un accordo – ha commentato il segretario generale dell’Apt, Mario Sommariva – in quanto il prolungarsi dello sciopero avrebbe potuto avere ripercussioni sull’immagine dello scalo, per il cui rilancio stiamo lavorando con grande impegno». Willy Puglia, coordinatore regionale dell’Usb, ha espresso «soddisfazione per l’accordo che riguarda tutte le nostre richieste in una prima fase respinte». A questo proposito va però rilevato che, in un comunicato emesso in serata dall’Apt, si dice che «i contenuti del provvedimento riflettono le linee programmatiche contenute negli accordi confederali stipulati all’inizio di agosto con Cgil, Cisl, Uil e Ugl». Queste sigle avevano preso le distanze dallo sciopero «perché basato sulla richiesta di applicazione del cosiddetto Allegato VIII del Trattato di pace».
D’Agostino ha poi fatto questa osservazione: «La competitività del Porto ha bisogno di pace sociale. Il lavoro rimane una componente essenziale e sono necessari provvedimenti che favoriscano l’innovazione, la formazione, la sicurezza e la produttività. Le misure che adotteremo – ha proseguito - favoriranno, al pari degli investimenti infrastrutturali e della riqualificazione dei collegamenti ferroviari, lo sviluppo dei traffici e la crescita dell’occupazione».
La giornata di sciopero avrà però anche conseguenze giudiziarie. Dalla Questura sarà presentata a breve alla Procura una relazione, supportata da filmati e fotografie relativi al corteo “non autorizzato” partito nel primo pomeriggio da piazza dell’Unità d’Italia alla volta dell’ingresso del Porto Nuovo, e ai tafferugli che ne sono seguiti, in conseguenza dei quali due poliziotti hanno dovuto fare ricorso alle cure dei medici. «Si configurano varie ipotesi di reato – si è saputo ieri dagli uffici della Questura – che vanno dal corteo non autorizzato alle minacce, alle lesioni personali, alla resistenza a pubblico ufficiale».
Sull’argomento si è scatenata una polemica interna ai movimenti indipendentisti. In particolare, Trieste Libera in un comunicato afferma di essere «estranea al corteo formato da pochi portuali e da un centinaio di agitatori pseudoindipendentisti, che strumentalizzano la questione del Territorio libero di Trieste e del suo Porto franco come slogan elettorale. Siamo pronti – prosegue il testo – a un confronto pubblico per mettere fine a questi equivoci».
Di «intollerabile tentativo di ritorno al passato, con l’unico obiettivo di frenare tutto ciò che di buono sta finalmente ripartendo nello scalo triestino» parla in un comunicato il senatore triestino, Francesco Russo. «È stato uno sciopero strumentale – sottolinea – con una piattaforma politica che nulla aveva a che fare coi reali problemi dei lavoratori, smentita in primis da Cgil, Cisl e Uil».
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