I “pirati del Danubio” tornano all’arrembaggio
BELGRADO. Non hanno la benda su un occhio. Non rapiscono né uccidono, come i “colleghi” somali o quelli del Golfo del Bengala. Ma sono pur sempre pirati. Corsari moderni che navigano armati nel cuore dell’Europa sulle acque limacciose dei fiumi Sava e Danubio, a caccia di imbarcazioni e chiatte da assalire e depredare. Dei “pirati del Danubio” s’era già parlato anni fa, quando la stampa balcanica aveva dato risalto alla notizia di vari arrembaggi contro navi che solcavano il grande fiume, in direzione Mar Nero. Poi, il silenzio. Fino alla settimana scorsa, quando la Dunavski Lloyd, compagnia di navigazione fluviale croata, ha lanciato un nuovo allarme. Il fattaccio è avvenuto il 19 maggio scorso, non sul Danubio però, bensì sulla Sava, nei pressi della cittadina serba di Obrenovac, a una quarantina di chilometri da Belgrado. Maggiori dettagli si scoprono chiamando la compagnia marittima, a Sisak. «Confermiamo tutto, la nave attaccata è la Segesta», una “nave da traino” battente bandiera croata, con due motori da 373 kW, usata per rimorchiare chiatte o altre imbarcazioni più piccole. Equipaggio, cinque marinai più il comandante. E «si è trattato di un assalto da parte di uomini armati», sussurra una voce di donna all’altro capo del telefono, una segretaria della Dunavski Lloyd che consiglia poi di richiamare per approfondire la vicenda con il responsabile trasporti della compagnia, Davor Ivancan. E Ivancan risponde. Assicura di avere fiducia nella «polizia serba», poi precisa che «le indagini proseguono ma al momento non abbiamo alcuna nuova informazione». L’unica certezza, la dinamica dell’assalto. «Il capitano della nave ci ha raccontato che tutto è accaduto verso le due, gli assalitori si sono avvicinati all’imbarcazione con delle barche a motore, l’hanno abbordata e, sotto la minaccia delle armi, hanno costretto l’equipaggio a consegnare denaro e combustibile», racconta. I criminali, aggiunge, «non erano mascherati», segno che si sentono sufficientemente al sicuro nel compiere le loro azioni. Azioni che, per quanto riguarda la Dunavski Lloyd, non sono una spiacevole novità. Nel 2011, continua il rappresentante dell’azienda croata, «abbiamo avuto tre attacchi sul Danubio, sempre in Serbia, nei pressi di Pancevo», la città super-inquinata famosa per le sue raffinerie e industrie chimiche. E ancora un caso di rapina a una nave «all’ancora a Smederevo», città dove il Danubio curva sinuoso di fronte all’imponente fortezza medievale. Ma almeno in quei casi «i responsabili», che avevano sottratto dalle navi attrezzature molto costose, «sono stati arrestati», rivela Ivancan. Turbato per la sicurezza delle navi, visto il ritorno dei pirati? «Certo che sono preoccupato», chiosa. Giustamente preoccupato, perché malgrado si tratti di casi isolati, non sono appunto i primi. E il Danubio serbo non sembra essere neppure il più insidioso. È infatti nel tratto finale del fiume, in Romania, che si è registrata, dal 2006 al 2012 con un picco nel 2008, la sequenza più lunga di scorrerie piratesche. Tra le decine di navi nel mirino, assaltate per mettere le mani su denaro, sigarette, alcol, carburante, olio motore, ma anche merci trasportate dalle imbarcazioni come grano, orzo o rottami metallici, la Petar Beron e la Sv. Apostol Andrey, battenti bandiera bulgara e le ucraine Chelyabinsk, Zorianyi, Perm, UDP- 124 e UDP-SL-01. «Questi attacchi», in Romania, «stanno diventando regolari», aveva denunciato a fine 2011 la Ukrainian Danube Shipping Company, una delle più importanti compagnie di navigazione e trasporto fluviale sul Danubio, parlando di «atti di banditismo da parte della popolazione locale» e di «acquiescenza» delle autorità. Ma come quasi sempre accade nei Balcani, c’è l’altra faccia della medaglia. In alcune circostanze, hanno suggerito nel 2012 le autorità romene a Radio Free Europe, si tratterebbe solo di «equipaggi di navi da trasporto che vendono le loro merci» a piccoli criminali, attirati in particolare dai lauti profitti derivanti dalla vendita di rottami metallici, e che «poi denunciano assalti corsari». Ma, come prova il caso della nave croata, esistono anche i bucanieri veri, di nuovo all’arrembaggio lungo il maestoso “Dunav”.
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