I pendolari di Buiese e Pinguentino: «Fateci andare a lavorare in Italia»

Centinaia le persone che non possono valicare i confini croati: parte la richiesta alla Protezione civile
Il valico tra Slovenia e Croazia di Dragogna in Istria in una foto d’archivio
Il valico tra Slovenia e Croazia di Dragogna in Istria in una foto d’archivio

POLA. Con la chiusura dei confini della Croazia in seguito all’emergenza coronavirus, per alcune centinaia di lavoratori transfrontalieri dell’Istria croata occupati in Friuli Venezia Giulia - soprattutto a Trieste e dintorni - è iniziato un vero dramma: giocoforza non possono più recarsi al lavoro. E giorno dopo giorno si va aggravando una situazione che priva i lavoratori in parte o in tutto delle retribuzioni (dipende ovviamente dal tipo di contratto). Va ricordato che a Zagabria l’Unità di crisi della Protezione civile ha disposto dal 19 marzo - con una validità per ora di trenta giorni - il divieto di attraversare la frontiera in entrambe le direzioni. Sono previste delle eccezioni, per esempio per autotrasportatori e transfrontalieri. Per i cittadini croati che rientrino da Paesi considerati di “Categoria 1” - tra cui l’Italia - è previsto comunque l’autoisolamento domiciliare per 14 giorni. Di qui, appunto, l’impossibilità pratica, per quanti lavorano nella nostra regione, di varcare ogni giorno il confine con la Slovenia e poi con l’Italia.

Coronavirus, il ritorno in patria degli emigrati: rimesse dall’estero a rischio crollo
epa08247697 A Volkswagen employee works on a Volkswagen ID.3 car in the assembly line during the production of the electric car at the Volkswagen (VW) vehicle factory in Zwickau, Germany, 25 February 2020. The Volkswagen annual press conference will be held on 17 March 2020 in Wolfsburg. EPA/UWE MEINHOLD


Qualche datore di lavoro ha poi già inviato lettere ai dipendenti assenti: o tornano al lavoro, o scatterà il licenziameno. Va precisato che non esiste un’evidenza esatta di quanti siano gli istriani vincolati da contratti con datori di lavoro triestini o comunque italiani, in quanto non esiste una loro associazione o un sindacato. E va conteggiato anche un certo quantitativo di lavoratori in nero. La stampa locale stima comunque in circa 200 i pendolari giornalieri residenti nell’area buiese, e in qualche altro centinaio quelli che risiedono nel Pinguentino. Si tratta per lo più di persone occupate in piccole aziende, o come badanti o colf.

Vista la situazione, un gruppo di pendolari bloccati a casa ha deciso così di rivolgersi direttamente al Comando regionale della protezione civile, al quale hanno chiesto di essere equiparati ai pendolari istriani occupati invece nella vicina Slovenia, per lo più nella fascia costiera tra Isola e Capodistria. Questi ultimi infatti possono spostarsi ogni giorno, nel rispetto di un regime molto rigoroso: in Slovenia devono seguire l’itinerario che li porta al posto di lavoro senza possibilità di deviazioni, pena la perdita del permesso di circolazione rilasciato dalle autorità di Lubiana. Di qui la domanda di poter essere trattati allo stesso modo.

Ma la risposta è arrivata dal responsabile della Protezione civile istriana Dino Kozlevac: «A differenza della Slovenia, tutta l’Italia resta per il momento ancora “zona rossa” e perciò ad alto rischio di contagio - ha dichiarato Kozlevac - mentre lungo la fascia costiera della Slovenia i contagiati sono pochissimi: per questo abbiamo rilasciato dei permessi di circolazione nelle località fino a Capodistria».

Kozlevac comunque ha interessato della questione il Comando nazionale della Protezione civile. La speranza dei lavoratori “sospesi” è che si arrivi al più presto a una soluzione, tenuto conto anche delle raccomandazioni di Bruxelles sui permessi di lavoro da rilasciare a chi lavora in Paesi vicini, seppure in un regime molto rigoroso. Ma intanto qualcuno di essi ha superato l’ostacolo prendendo in affitto un appartamento a Trieste. —

P.R.. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

Riproduzione riservata © Il Piccolo