I pasticcini amati da Illy e il tour di Covavich Big in campo per Pirona

L’imprenditore: «Perdiamo un pezzo di storia di tutti noi» I ricordi di Roveredo: «Mi piantavo davanti alle vetrine»
«Quanto erano meravigliose quelle “zatine”. Per non parlare di quei cannoli: splendidi. Entrare anche solo un minuto da Pirona ti faceva tornare indietro di un secolo. È davvero un peccato che stia per chiudere: perdiamo un pezzo di storia, anche della storia personale di ciascuno di noi». Riccardo Illy viaggia con la mente a ritroso nel tempo, quando una telefonata lo sorprende quasi sulla scaletta dell’aereo per chiedergli che ne pensa del destino dello storico locale di Barriera.


«Mia moglie Rossana abitava in una stradina laterale di quel rione e frequentava la pasticceria fin da bambina. Mi ha trasferito l’amore per quei dolci: uno meglio dell’altro». All’imprenditore prestato alla politica e tornato imprenditore non manca un cenno all’amato caffè: «Servito molto bene». Illy si sofferma poi sull’amore per la tradizione mostrato dalla famiglia De Marchi: «Hanno raccolto e applicato con fedeltà e precisione le ricette di un tempo, utilizzato ingredienti di grande qualità, realizzato un prodotto eccellente». L’ex sindaco e governatore però torna freddo appena si parla di affari: «Mi pare sia tardi per intervenire. I commercianti guardano al risultato e forse chi ha comprato nemmeno sa cosa ci sia oggi dentro il locale:
business is business
, verrebbe da dire con un pelo di aridità. Non me la sento di biasimare l’imprenditore ma, al limite, la mancanza sul fronte della tutela: quando c’è volontà, i segni storici possono essere conservati».


A sperare in un miracolo è invece lo scrittore Pino Roveredo: «Mi auguro accada l’impossibile e cioè che Pirona resti al suo posto. Parlano di portare via il mobilio, ma il “meglio che niente” non soddisfa nessuno: la città così rimane monca di un pezzo della sua cultura. Una tristezza». Poi lo spazio al ricordo: «Da bambino Pirona era un luogo irraggiungibile per chi come me veniva da una famiglia povera. Non ti restava che piantarti davanti alle vetrine. Ornella Vanoni mi ha raccontato che davanti alle vetrine si fermava pure Giorgio Strehler: quando veniva a Trieste si faceva sempre portare da Pirona, chiudeva gli occhi poco prima di arrivare e li riapriva davanti alle vetrine. E si commuoveva».


Mauro Covacich trasecola. «Non ne sapevo nulla, è sconcertante. Abito a San Giacomo e ci passavo spesso. Pirona è la meta obbligata dei percorsi turistici obbligati che faccio fare ai miei amici. Un passaggio joyciano. Ora il mio percorso avrà una tappa in meno». Covacich si fa pensieroso, pessimista: «Il mondo intero si sta trasformando in un
temporary shop
. Non so come mai non si faccia di Pirona un elemento di business del turismo culturale. Pensavo fosse un posto che non potesse tramontare, ma forse non si possono fermare le onde a mani nude».


Il regista Furio Bordon invita a «conservare gelosamente tutti i locali storici: si prenda esempio da Parigi, che ne è maestra, mentre qui noi buttiamo le cose. Si parla tanto per parlare di rilancio turistico, ma poi restano solo i proclami politici: l’estetica non premia economicamente forse, ma in certi casi si deve andare contro il mercato con coraggio civile e politico. È ottusità estetica. Come quella di sostituire con luci fredde le luci gialline che illuminano le nostre strade: la città notturna diventerà la città spettrale».


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