I palloncini bianchi in cielo per il suo ultimo viaggio salutati da brividi e applausi
GORIZIA. Nel chiaroscuro solenne delle navate della chiesa del Sacro Cuore, così come sotto il sole a picco del campo sportivo di Straccis. C’era davvero tutta una città al fianco della famiglia Borghes e, soprattutto, ad accompagnare il piccolo Stefano nel suo ultimo viaggio. Migliaia di persone che hanno voluto trovare il tempo e il modo di essere presenti, in una giornata dal caldo soffocante, al funerale celebrato allo stadio Bonansea proprio per permettere una partecipazione più allargata possibile, ma anche, fin dal primo pomeriggio, di passare alla camera ardente allestita nella grande chiesa del Sacro Cuore.
Da quando le sue porte si sono aperte, alle 14, non si è mai fermato il dolente viavai di goriziani, giovani e giovanissimi, adulti e anziani, arrivati per salutare il tredicenne vittima dell’incidente nel pozzo del parco Coronini. Che da quella terribile mattina di oltre una settimana fa Gorizia ha come adottato, fatto figlio, fratello, amico di ciascuno, in un unico dolore.
Uno alla volta, in fila ordinata, in centinaia e centinaia hanno percorso la navata centrale della chiesa raggiungendo la piccola bara di legno chiaro colpita dalla luce che dall’alto filtrava, attraverso le grandi vetrate colorate. Sopra, una bella immagine di Stefano e tanti fiori, tra i quali quelli che fin dal primo giorno hanno accompagnato questo lutto, fiorendo sul cancello del parco di viale 20 Settembre.
Una rosa bianca, i girasoli. Accanto, Roberto e Daniela, il papà e la mamma di Stefano, con il loro dolore composto, a ricevere l’affetto, gli abbracci, le parole di volti conosciuti e vicini così come di occhi sconosciuti eppure ugualmente pieni di lacrime, sincere. E quasi a consolare, loro per primi, tutti coloro che erano lì per consolarli.
Di tanto in tanto, poi, il soffice e ritmato rumore dei passi e dei singhiozzi nella chiesa veniva coperto da note dolcissime, pizzicate sulle corde di una chitarra e accompagnate da un coro quasi sussurrato, come a non disturbare Stefano che li accanto riposava. Avanti così, per ore, in un addio infinito che intorno alle 17. 30 ha preso a spostarsi per raggiungere il campo sportivo di via della Colonia, cornice di un funerale tristissimo, è chiaro, eppure luminoso, per il messaggio d’affetto che ha saputo trasmettere.
Già dalle 17 la distesa verde battuta dal sole si era riempita di persone – mille ne potevano entrare e mille erano, oltre a quelle assiepate attorno alla recinzione – e di colori, come quelli delle magliette dei giocatori dell’Azzurra o dei ragazzi e delle ragazze dei centri estivi parrocchiali, educatori e partecipanti, seduti nell’erba uno accanto all’altro. Di fronte a loro coro e musicisti della parrocchia di San Giuseppe Artigiano e della diocesi – ecco pure un violino, lo strumento tanto caro a Stefano – non hanno mai smesso di suonare e cantare.
Prima, ma anche durante e dopo la cerimonia. Alla fine, esaurito il tempo dei riti e delle parole, mentre la bara sfilava davanti ai presenti per uscire dal campo, nel cielo di Straccis sono saliti insieme l’incenso, gli ultimi canti, un lungo applauso spontaneo e decine di palloncini bianchi, subito allontanatisi all’orizzonte nel blu. Leggeri, loro. Mentre a terra restava insostenibile il peso dell’addio, abbracci da sciogliere in lacrime, umanissime domande senza risposta.
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