I pacchi di lire del nonno portati in Banca d’Italia
di Corrado Barbacini
Sembra uno di quegli amori senza fine. Resistono ancora le vecchie lire a quasi 10 anni dall’entrata in circolazione dell’euro. Non sono più usate né nei negozi, né nei bar di Trieste, eppure si trovano sempre più frequentemente nelle case degli anziani che si erano dimenticati di averle custodite in qualche armadio o sotto il materasso. Nelle scatole di latta o dentro i barattoli vuoti della marmellata vengono trovate dai parenti, figli e nipoti, che poi vanno alla Banca d’Italia.
Al pian terreno dello stabile di via Cavuor, infatti, c’è la cassa dove quasi tutti i giorni si presenta qualcuno a cambiare le lire. Dopo dieci anni, è incredibile. Si compila un modulo e si ricevono gli euro corrispondenti al cambio: 1936,27 lire per una monetina.
Ricordano alla Banca d’Italia: «Un’anziana una volta è arrivata con una sporta di nylon. Dentro c’era un mucchio di vecchie banconote. Era preoccupata che gliele sequestrassero. Aveva spiegato che quei soldi risalenti agli anni Ottanta li aveva messi in un mobile che poi era finito in ripostiglio e nessuno ci aveva più pensato. Fino a quando casualmente se n’era accorta. Così aveva messo tutto in sacchetto. È andata alla cassa e ha chiesto quanti soldi mi date».
Sono piccole storie di vecchie fortune dimenticate che ogni giorno tornano alla luce alla Banca d’Italia. Come quelle delle lire che arrivano da oltreconfine, dall’Istria, dove fino a qualche decennio fa erano tenute nascoste e cambiate illegalmente con i dinari e conservate gelosamente in un cassetto del mobile della camera da letto. «Accade a volte quando muore un anziano che coloro i quali vanno in casa per prendere i mobili trovino mucchietti di soldi lasciati anche sotto il materasso», raccontano sempre alla Banca d’Italia.
Quante lire ci sono ancora a Trieste non si sa. I dati diffusi dalla Banca d’Italia sono infatti solo nazionali. Al 15 giugno circolavano ancora in Italia 196 milioni di banconote da mille lire, 21 milioni di pezzi da 2mila, 30 milioni da 5mila. E poi 40 milioni da 10mila lire, 7 milioni da 50 mila, 12 milioni da 100 mila e 275mila pezzi da 500mila lire.
In tutto la cifra è di quasi 13 miliardi 495 milioni di euro. Una somma da capogiro. Praticamente quasi una mezza manovra finanziaria. E di queste vecchie banconote a Trieste risulta esserci teoricamente più o meno l’equivalente di 4 milioni di euro. Soldi dormienti. Ma quali sono le ragioni di questo “attaccamento”? Nei fatidici giorni dell’euro-changeover, era logico attendersi che, a stretto giro, i cittadini si affrettassero a trasformare anche i residui dell’ormai tramontata divisa nazionale, e non rientrasse solo un fisiologico stock di biglietti e spiccioli, soprattutto di modesto valore nominale. E considerato l’alone di riservatezza che aleggia attorno al possesso privato di denaro, è senza dubbio difficile capire i motivi di una tale consistenza finanziaria ancora in circolazione. Una prima spiegazione è legata al diffuso costume che consiste nel trattenere qualche biglietto di una moneta, la lira, che nell’immaginario collettivo degli italiani si associa ad un doppio sentimento, nostalgia per una valuta consegnata alla storia e rimpianto per un sistema valutario che, dopo l’effetto-choc dell’euro, si ritiene legato a un maggior potere d’acquisto.
Tra meno di un anno questi soldi saranno in tutti i sensi carta straccia. Nessuno li cambierà più. Diventeranno banconote da collezione. La data limite per effettuare questo genere di operazioni è infatti il 28 febbraio 2012.
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