I nuovi requisiti per gli alloggi Ater “sfrattano” gli inquilini italiani

Riforma, rischio boomerang. I cinque anni di residenza in Fvg escluderebbero un numero simile di stranieri e connazionali
MARIAN - CASE ATER VIA PIZZAMANO
MARIAN - CASE ATER VIA PIZZAMANO

TRIESTE “Prima gli italiani”, ma non troppo. L’innalzamento da due a cinque anni (in un arco complessivo di 10 anni) del requisito di residenza in Fvg per i beneficiari di una casa popolare potrebbe avere un effetto boomerang rispetto alle intenzioni del centrodestra. Quanto previsto nel primo tempo della riforma delle Ater (il secondo sarà l’intervento sulla governance) segnerà infatti l’esclusione dall’accesso di alcune centinaia di cittadini extracomunitari, ma avrà effetti non secondari anche su richiedenti di nazionalità italiana.

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Bumbaca Gorizia 02.08.2018 Consegna alloggi Ater via del Carso © Fotografia di Pierluigi Bumbaca


I dati sono stati forniti ieri dai cinque direttori delle Ater di Trieste, Gorizia, Udine, Pordenone e Tolmezzo, invitati in audizione davanti ai componenti della Quarta commissione del Consiglio regionale. Si tratta della proiezione dei nuovi criteri sulle attuali graduatorie: e sul totale di 7.040 richieste valide, il welfare padano escluderebbe 414 extracomunitari ma anche 311 italiani e 84 cittadini comunitari. I numeri in termini assoluti non disegnano insomma una rivoluzione, ma il centrodestra invita ad esaminare piuttosto l’incidenza percentuale della riforma, in cui 414 extracomunitari su 2.423 domande rappresentano il 17% di esclusioni, al costo del 7% di italiani messi fuori gioco sulle 4. 185 pratiche inoltrate da connazionali. Nel caso delle ultime assegnazioni avvenute a Gorizia in via Carso, su un lotto di trenta richieste, la nuova legge avrebbe cancellata soltanto una domanda di un extracomunitario.

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Lasorte Trieste 13/08/18 - Piazza Foraggi, Sede ATER


Al di là delle perplessità espresse sulle cifre, pur senza entrare nel merito di un’impostazione che spetta alla politica, i direttori delle Ater criticano poi l’obbligo per gli stranieri di non limitarsi più all’autocertificazione delle proprietà possedute all’estero: «Anche un documento ufficiale – spiega a nome dei cinque il responsabile dell’Agenzia di Trieste, Antonio Ius – non permetterebbe di superare le criticità, perché le Ater possono utilizzare strumenti informatici di verifica solo per gli immobili situati in Italia». Dubbi anche su alcuni passaggi della proposta di riforma di Fratelli d’Italia, che rivendica la primogenitura sul tema e ha per questo depositato una proposta di legge distinta da quella successiva della giunta: per i responsabili dell’edilizia popolare, non regge la richiesta dei patrioti di fissare una percentuale massima di presenze straniere negli immobili Ater e nemmeno quella di inserire il requisito della residenza di cinque anni per tutti i componenti maggiorenni del nucleo familiare e non del solo richiedente.

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La giunta registra, ma tiene la barra dritta. L’assessore Graziano Pizzimenti annuncia «una riforma complessiva delle Ater che faremo in seguito con una disciplina interamente rivista, ma quello in discussione era uno dei passaggi più importanti e l’abbiamo fatto. Volevamo dare priorità a giuliani, friulani e isontini. I numeri sono proiezioni e bisognerà a vedere a regime, ma la maggioranza di chi sarà toccato dalla norma sono extracomunitari». Per il primo firmatario della proposta di Fdi, Claudio Giacomelli, «l’istanza base è innalzare il periodo di residenza da due a cinque anni, per consentire a più italiani possibile di entrare nelle case Ater: Fdi avrebbe messo anche vent’anni, ma la Corte costituzionale non l’avrebbe ammesso. I dati mostrano che nella sola Trieste ci sarebbero cento famiglie italiane in più: un ottimo risultato».

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Bumbaca Gorizia 02.08.2018 Consegna alloggi Ater via del Carso © Fotografia di Pierluigi Bumbaca


Il Partito democratico usa le cifre delle Ater per attaccare il Carroccio: «La foga della Lega di colpire gli stranieri si abbatte alla fine sugli italiani, quelli che secondo la loro propaganda dovrebbero venire per primi. Quasi il 50% degli esclusi sarebbero italiani o comunitari». Duro anche Furio Honsell (OpenSx), secondo cui «si profila una legge all’insegna della discriminazione dei cittadini, che non affronta i reali problemi che sono quelli dell’aumento della dotazione e della riqualificazione edilizia. I cittadini bisognosi con residenza inferiore ai cinque anni verranno scaricati tutti sui servizi sociali dei Comuni, con ripercussioni gravi sul territorio». Massimo Morettuzzo (Patto per l’autonomia) nota a sua volta che l’innalzamento del requisito di residenza «non inciderebbe per nulla sulle attuali dinamiche di assegnazione degli alloggi popolari. Noi crediamo giusto privilegiare chi risiede da più tempo in Fvg, ma si può fare potenziando quanto previsto dall’attuale regolamento, aumentando cioè il sistema premiale basato sugli anni di residenza». Negativo anche il parere dei sindacati degli inquilini Sunia e Sicet, che parlano di «proposte ingiuste e sbagliate, che impediranno l’accesso anche a cittadini italiani che si spostano per lavoro. La carenza di alloggi pubblici non si risolve eliminando un po’di richiedenti, ma aumentando il patrimonio di edilizia pubblica». —




 

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