I naufraghi della motonave Audace: «Le onde, il vento, la nausea. Siamo fortunati a essere vivi»
Una lacrima le scende dietro alla lente degli occhiali mentre ripensa ai momenti vissuti mercoledì scorso a bordo dell’Audace. Per un attimo l’emozione prende il sopravvento. Poi, dopo poco, Eugenie Bartsch, arrivata a Grado dalla Baviera, ritorna a sorridere. «Mi sento veramente fortunata ad essere qui oggi», dice in un inglese un po' stentato.
Ieri mattina insieme al marito e a una quindicina di altri naufraghi, che come lei condividono la passione per il cicloturismo, dopo aver trascorso la notte all'hotel Astoria, si è presentata davanti alla caserma dei carabinieri di Grado per rientrare in possesso delle biciclette recuperate dal traghetto. Eugenie ha i capelli biondi tagliati corti, due piccole perle alle orecchie e un sorriso aperto che si rasserena via via mentre spiega di essersi affidata con fiducia, nonostante la paura, agli uomini dell'equipaggio. Sicura che lei e gli altri passeggeri sarebbero stati salvati.
Una sensazione condivisa anche da Brigitta. «Ad un certo punto ho chiuso gli occhi, non volevo vedere, ma ero certa che sarebbe andato tutto bene. Paura non ne ho avuta». Brigitta, in viaggio con il marito Volcher e le due amiche Margit e Gudron, è una tipa tosta.
Il giorno dell'affondamento, in piedi, vicina alla tenda dei soccorsi, senza nemmeno pensare ad entrare per un controllo, infreddolita, con la coperta termica sulle spalle, un grande bicchiere di té bollente in mano e gli occhiali da sole che indossa anche ora a nasconderle un po' lo sguardo, aspettava il marito imbarcato in un altra vedetta della capitaneria guardando verso il mare. Lucida anche in quel momento. Ora però stringe forte il braccio di Volcher e più volte mentre lui racconta lo svolgersi degli eventi gli si avvicina di più.
È nelle parole dei testimoni uomini che i fatti ritrovano cronologia e caselle rigorose. Ritornano le stesse parole: le onde, l'Audace che si piega, i passeggeri a poppa, i giubbotti di salvataggio, le zattere, i trasbordi, la cura dei soccorsi, la fiducia, i ringraziamenti a tutte le persone che li hanno aiutati. Volcher alza sguardo e mano al cielo mimando l'elicottero e l'aeroplano che li hanno sorvolati, come se fossero ancora sopra alle loro teste.
Ulrich Narbe, in viaggio con la moglie Ulrike, invece mentre racconta delle condizioni metereologiche avverse di mercoledì mattina, si ferma un attimo a saggiare il vento. «Ecco era un vento forte come questo», sentenzia. Ulrich ricorda e mima anche la nausea provata sulla zattera.
E della zattera parlano anche altri due coniugi, Thomas e Heike Weingaertner. Della paura che le onde potessero rovesciarla facendoli cadere in mare. Le biciclette di Domenico e sua moglie Lucia, unici italiani presenti ieri mattina, invece non sono state recuperate. Non potranno continuare il loro viaggio e ritorneranno a casa a Venezia. «Ieri, quando siamo usciti dal porto, sarei tornato indietro», dice Domenico lanciando un'occhiata al cielo nuvoloso.
Chi pare non avere alcuna voglia di sfidare di nuovo la sorte è, invece, un altro turista tedesco Walcher Gudrum. L’uomo ha ancora davanti agli occhi una scena davvero difficile da scordare. «Ho visto cadere in acqua il comandante dell’Audace mentre cercava di farci salire sulla zattera – racconta -. Due marinai si sono subito buttati in mare e l’hanno aiutato a risalire».
Gudrum è arrivato a Grado da Dresda assieme a un gruppo di amici. Nei loro telefoni girano foto e video girati dalla scialuppa di salvataggio dopo tutti i passeggeri sono stati fatti salire per evtare il peggio. Video in cui si vede anche il portellone d’ingresso alla nave spaccato e l'acqua che entra a bordo. Scene, appunto, difficili da dimenticare.
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