I marina croati sono pronti a ripartire

Attesa per la riapertura dei confini. Ma in vista di un fatturato ridotto l’Aci chiede sgravi fiscali al governo

FIUME. Da tempo gli addetti ai lavori hanno individuato nel turismo nautico il segmento dell’industria turistica croata destinato a fare da apripista alla faticosa ripresa dopo la pandemia: la speranza è che i primi, sebbene timidi, segnali possano manifestarsi già nel corso dell’estate. Si tratta di un segmento che mette a disposizione dei diportisti 72 marina e 142 porti, per un totale di 17 mila ormeggi in mare e di altri 8.500 destinati al rimessaggio a secco, il tutto nelle varie strutture dislocate lungo le coste istro–quarnerino–dalmate, isole comprese.

Dopo annate di cifre in costante crescendo, la pandemia ha inferto ovviamente un colpo formidabile al comparto, dove ora si sta valutando il modo migliore per cercare di ripartire. Kristijan Pavić, direttore dell’Aci, l’azienda statale che gestisce oltre una ventina di strutture, ha sottolineato che sarà indispensabile l’intervento del governo: «Le direzioni dei nostri 22 marina sono in contatto pressoché continuo con la clientela, che da parte sua segue in modo attento l’evolversi del quadro epidemiologico in Croazia. Si sta facendo strada, da entrambe le parti, un moderato ottimismo e tutti attendono la riapertura dei confini, affinché i diportisti possano raggiungere i porticcioli e le loro imbarcazioni».

Al governo guidato dal premier Andrej Plenković è stato chiesto di dare una mano al settore, facilitandone la ripresa. Tre le richieste inviate a Zagabria: la prima consiste nell’esentare i marina, per quest’anno e quello successivo, dal pagamento della tassa di concessione per l’utilizzo del demanio marittimo; la seconda punta alla possibilità di garantire ai dipendenti dei marina il supporto statale legato al versamento dello stipendio mensile di 4 mila kune (530 euro), emolumento che viene assicurato dallo Stato per tre mesi.

Infine l’Assomarina, che è attiva nell’ambito della Camera dell’Economia croata, ha chiesto a sua volta al governo di far scendere dal 25 al 13% l’aliquota Iva relativa all’erogazione dei servizi per la sistemazione di diportisti e natanti nei porticcioli turistici.

Il salario statale di 4 mila kune non è stato concesso a quanti lavorano nel settore (quasi 600 mila invece i beneficiari di questo ammortizzatore sociale nel Paese) perché la loro attività comincia ufficialmente il primo aprile e dunque le direzioni dei marina non possono dimostrare che il coronavirus abbia causato il calo delle entrate nei primi tre mesi dell’anno in corso.

«I 72 marina danno lavoro in tempi normali a circa 2.500 persone – ha proseguito Pavić – ma la crisi ha costretto purtroppo 1600 dipendenti a restare a casa». L’Aci, la maggiore catena di porticcioli turistici nel Mediterraneo, non ha licenziato nessuno dei suoi dipendenti, ha precisato Pavić: «Stiamo cercando di capire quando potrebbe verificarsi la necessità di impiegare lo stesso numero di lavoratori avuto nel periodo antecedente la crisi», in uno scenario che prefigura come «di certo la stagione 2020 sarà ben diversa da quelle precedenti, con entrate di molto inferiori rispetto al 2019». Da qui appunto la richiesta di un salvagente da parte del governo.

Il direttore dell’Aci ha aggiunto che l’azienda resta intenzionata ad attuare il proprio piano di investimenti, che prevede la costruzione di altri tre marina: da attuare però quando la situazione si sarà fatta migliore. Il piano contempla la realizzazione di porticcioli a Fiume, a Lussino e a Novalja, sull’isola di Pago. 


 

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