I giudici di Roma riabilitano Camber per le “spese pazze”

Assoluzione in appello davanti alla Corte dei conti della capitale. Cancellato il risarcimento di 16mila euro deciso in primo grado
Piero Camber
Piero Camber

TRIESTE. Piero Camber esce a testa alta dall’inchiesta contabile sulle “spese pazze”. La Corte dei conti d’Appello di Roma, l’ultimo organo di giudizio in materia, ha emesso una sentenza che ribalta quanto disposto in primo grado.

 

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Gianfranco Moretton in una foto d'archivio

 

In sostanza l’organismo capitolino ha riconosciuto la piena legittimità dei rimborsi dell’ex consigliere regionale nel periodo compreso tra il 2010 e il 2013. Camber, all’epoca, era componente del Pdl e presidente della Commissione regionale Cultura. Secondo la Procura contabile del Friuli Venezia Giulia, che lo aveva chiamato in causa, il politico non aveva comprovato a sufficienza le spese da lui rendicontate e per le quali aveva ricevuto i rimborsi. Scontrini e ricevute sarebbero state presentate alla segreteria del gruppo, stando alla magistratura contabile di primo grado, senza indicare puntualmente le circostanze per le quali i soldi richiesti erano stati impiegati. Spese di rappresentanza, ma non motivate a sufficienza. Mancava anche l’indicazione delle persone con cui il consigliere si accompagnava, con cui era a pranzo ad esempio. L’esborso, accusava la Procura contabile, «non era giustificato in quanto non risultavano documentate le finalità istituzionali connesse». Tirando le somme, Camber avrebbe violato «i principi generali dell’ordinamento contabile, di comune percezione da parte di chi riveste una carica pubblica anche elettiva». Principi ribaditi pure dalla Corte Costituzionale in una sentenza del 2014.

 

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Edoardo Sasco

 

La Corte dei conti di Trieste, su richiesta della procuratrice Tiziana Spedicato, aveva quindi condannato Camber al pagamento di 16.332,83 euro con cui rifondere la Regione. Una batosta. Ma il consigliere ha fatto immediatamente ricorso. E la sentenza della Corte dei conti d’Appello di Roma, come viene precisato negli atti, ha ribaltato tutto: il giudice contabile del Fvg, viene spiegato nella documentazione processuale, non aveva giurisdizione a riguardo. Molto semplicemente perché la Regione, in virtù del proprio Statuto, gode di autonomia di rango costituzionale «che è propria dell’organo consiliare».

Cioè il Consiglio regionale di cui il forzista faceva parte. Non solo. I contributi di cui il consigliere si serviva erano «strumentali» all’attività politica del gruppo stesso. In assenza di quei finanziamenti il lavoro quotidiano sarebbe stato «gravemente limitato», «precludendo» un’attività «costituzionalmente protetta».

 

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L'aula del consiglio regionale

 

Parafrasando il passaggio contenuto nel carteggio di secondo grado, i soldi servivano alla normale attività istituzionale. Camber, insomma, si era sempre «rigorosamente attenuto agli obblighi documentali previsti dalla normativa interna del Consiglio regionale, nella piena adeguatezza di questi, anche perché emanati dagli organi consiliari preposti». Il consigliere, ora capogruppo di Fi in Consiglio comunale a Trieste, tira un sospiro di sollievo. «Ho fatto tutto quello che dovevo fare - osserva - ed è stata dimostrata la correttezza del mio comportamento: avevo rendicontato regolarmente. Tutto è avvenuto nei canoni della legittimità. La Procura non ha dimostrato il contrario. Tra l’altro quello per me era un periodo di forte attività politica in cui ho prodotto svariate leggi, norme peraltro portate avanti e approvata dall’aula. Tra queste la tutela del dialetto triestino e l’introduzione della figura dell’amministratore di sostegno». L’ex consigliere regionale riceverà il rimborso di duemila euro di spese processuali.

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