I giganti del Lloyd navigavano tra le gondole già negli anni ’30
TRIESTE. Arriva da lontano, dall’inizio dello scorso secolo la tradizione che le navi passeggeri entrino nel cuore di Venezia, a poche decine di metri da piazza San Marco. Numerose fotografie mostrano scafi bianchi o neri che sfilano davanti a riva degli Schiavoni o persino attraccano alle zattere sulle cui passerelle spicca il nome del Lloyd triestino.
«Allora la tradizione può continuare in barba alle clamorose proteste per l’attuale presenza di navi da crociera nello stesso canale» dicono i difensori di quanto al momento accade e che nessuno è finora riuscito a fermare o a ridimensionare. Chi pensa in questo modo punta sui cosiddetti “diritti acquisiti”, sulla consuetudine di offrire ai propri passeggeri uno scenario da favola unico al mondo e sulla totale assenza nelle cronache della notizia di un qualsiasi incidente. Invece non è proprio così perché col passare degli anni le dimensioni degli scafi delle navi bianche sono progressivamente e esponenzialmente saliti. La motonave Victoria del Lloyd Triestino, usuale frequentatrice negli Anni Trenta del braccio di mare antistante piazza San Marco, aveva una stazza lorda di 13mila tonnellate ed era lunga poco più di 164 metri.
La stazza di ognuno dei giganti del divertimento che oggi accolgono a Venezia spesso più di tremila vacanzieri, raggiunge e supera il più delle volte le centomila tonnellate di stazza. Da otto a dieci volte il volume della Victoria, ma anche del suo peso, un dato che i tecnici navali chiamano dislocamento. Ne consegue che anche la massa d’acqua mossa dallo scafo maggiore subisce un analogo incremento. Se poi come è accaduto di recente in un solo giorno sfilano davanti a piazza San Marco una dozzina di queste gigantesche navi, si comprendono facilmente i timori di chi ha a cuore il futuro di Venezia e la conservazione di ciò che resta dell’ambiente lagunare. Un incidente, un colpo casuale dello scafo a una storica banchina rimbalzerebbero sui media mondiali in modo devastante, quando al contrario le “carezze” di qualche analoga nave ai moli di altre città ma anche devastanti incendi a bordo passano di solito sotto silenzio o trovano spazio in una notizia in una pagina interna. Venezia no, sarebbe in primissimo piano.
Ma in quel braccio di mare sono transitate - e le fotografie segnate dal tempo lo provano - anche navi passeggeri di dimensioni ben maggiori della mitica e inimitabile Victoria. Ad esempio nel 1932 l’obiettivo di un professionista ha ritratto da Riva degli Schiavoni allo scafo del Conte Verde con accanto numerose gondole. Le dimensioni dello scafo austero del transatlantico superano di gran lunga quelle della Victoria: raggiunge infatti i 160 metri di lunghezza con una stazza lorda di 18.700 mila tonnellate. Ancora più grande il Cristoforo Colombo, il gemello della sfortunata Andrea Doria, entrato in servizio nel 1954 sulla rotta per New York. Era lungo 213,5 metri, largo 27 e aveva una stazza lorda che si avvicinava senza raggiungerle, le 30 mila tonnellate. Dal 1965 al 14 marzo 1977 collegò Trieste e Venezia con il Nord America. Fu il canto del cigno per i collegamenti marittimi di linea tra l’Adriatico e New York.
Si interrompeva così una tradizione quasi centenaria, l’inizio di una pausa che ha tenuto lontano gli scafi passeggeri per anni e anni dai nostri porti. Questo vuoto di vent’anni e più è stato colmato quasi all’improvviso dalle navi da crociera, sempre più massicce, sempre più lontane dalle forme affusolate e dalle caratteristiche marinare dei transatlantici. Alieni tra le onde, casermoni galleggianti, alverari per turisti. Anche questo, congiunto a equipaggi multilingui che talvolta non capiscono quanto ordinano gli ufficiali e chiedono i passeggeri, contribuisce ad alimentare l’apprensione per Venezia e per il suo futuro.
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