I genitori di Alessandro Scorianz, il dentista di Mossa morto a 41 anni: «La vita non sarà più la stessa»
MOSSA «La vita è fatta per essere vissuta, senza risparmi», scrisse il poeta David Herbert Richards Lawrence agli inizi del Novecento. E questa frase illuminata racchiude perfettamente quella che è stata l’esistenza, purtroppo breve, di Alessandro Scorianz che ha sempre vissuto a cento all’ora. Con mille interessi, con tante passioni (dai motori agli sci, dai cavalli alle rievocazioni storiche), con l’impegno e la serietà nella sua professione.
«Era un moto perpetuo», lo ricordano con un filo di voce papà Walter e mamma Patrizia che non riescono a darsi ancora una spiegazione di come, oggi, loro figlio non ci sia più. «La nostra vita non sarà più la stessa», allargano le braccia, addolorati, rassegnati.
«Alessandro - si fa forza la madre - nacque prematuro e ha sempre viaggiato ad alta velocità nella vita, purtroppo breve. A 23 anni si laureò in Odontoiatria a Padova e aveva iniziato il percorso scolastico un anno prima rispetto agli altri. Non stava mai fermo e aveva due grandissime doti: aveva ereditato lo spirito imprenditoriale del nonno e si metteva sempre in gioco. Con coraggio».
Il rapporto con il padre, poi, era eccezionale. «Quando voleva divertirsi per davvero - ricorda mamma Patrizia - portava il papà a sciare o a fare un giro in moto. Qualche anno fa hanno effettuato, assieme, anche un raid in Marocco in sella alle loro due ruote. Fu una bellissima avventura ma potrei raccontare aneddoti a ripetizione». Negli occhi dei genitori passano le istantanee di una vita felice, mai noiosa, sempre emozionante.
Ma in quest’ultimo periodo Alessandro aveva sofferto parecchio. Due studi dentistici importanti da mandare avanti, la sfida dell’allargamento dell’attività ambulatoriale a Mossa e la necessità di dover macinare chilometri per garantire la sua presenza nell’Isontino, a Trieste, a Montereale Valcellina avevano iniziato a pesare. «Era molto stanco, stressato. Proprio per questo, aveva deciso di riservare la giornata di giovedì a se stesso. E il giorno in cui lui è volato via era il primo giovedì in cui staccava. Quel maledetto giorno si è svegliato, ha portato i bambini a scuola (ne ha tre, tutti piccoli) e assieme alla moglie Roberta si è fermato a gustare un caffè a Gorizia. Poi è rincasato. “Vado a giocare con la playstation”».
Poi, il buio. La moglie che rientra a casa e trova il corpo esanime del marito a terra. Le richieste di soccorso, le sirene, il trambusto, i sanitari che si impegnano allo spasimo per tentare di rianimarlo. Ma nulla. Ogni tentativo vano. «Nemmeno noi sappiamo cos’è successo. Forse un infarto. Ma sarà l’autopsia a chiarire tutto. Nella nostra testa fioccano mille interrogativi. Si era vaccinato contro il Covid a gennaio, quindi non si può ipotizzare una trombosi. Nessun segno di effrazione, nessuna lesione sul corpo né segni di colluttazione all’interno della casa. Solo Dio sa cos’è successo. Non si sa nemmeno a che ora è morto».
Alessandro aveva il culto della famiglia. Viveva per la famiglia e per i figli, tutti maschi, uno di 8 anni, gli altri due, gemelli, più piccoli. «Era un modello. E siamo fieramente orgogliosi di lui. Perché quello che è riuscito a fare, professionalmente e imprenditorialmente, l’ha portato a termine tutto da solo». E papà Walter si intenerisce quando ricorda un altro aneddoto. «Era dicembre. E Alessandro mi chiese, come regalo, l’iscrizione all’Ordine dei medici. Gli risposi che era più saggio attendere gennaio per non pagare la quota soltanto per un paio di settimane. Lui rispose che puntava a fare due giorni di sostituzione di un professionista. E così fece. Non voleva perdere tempo».
All’immenso dolore si unisce anche Maurizio, il fratello, di cinque anni più giovane. Lui è ortopedico/oncologo. «I nostri due tesori. Uno... non c’è più», sussurrano i genitori. La vita non sarà più la stessa.
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