I “furbetti della tazzina”: a Cattinara con l’autobus solo per bere il caffè
TRIESTE L’unico bar aperto della città, quello dell’ospedale di Cattinara, in questi giorni di lockdown attira più di qualche triestino. Non è un caso che gli autobus che gravitano in quella zona risultino tra i più frequentati, tanto da indurre la Trieste Trasporti a potenziare la linea. Tra i passeggeri che si recano per ragioni sanitarie e per lavoro non manca anche qualche “furbetto della tazzina”.
D’altronde i provvedimenti del governo consentono l’apertura dei pubblici esercizi nelle strutture sanitarie. E c’è chi ne approfitta: peraltro non solo a Trieste, come scoperto a Udine con la coppia che si aggirava nell’ospedale friulano solo per prendere il caffè. Nel capoluogo i controlli delle forze dell’ordine a bordo dei bus stanno dissuadendo i cittadini a trasgredire le regole, ma nel bar di Cattinara la presenza di persone esterne all’ospedale continua. E questo mette in difficoltà gli stessi addetti al servizio bar, dipendenti della “Serenissima”. La società di Vicenza ha in appalto l’intera ristorazione di Cattinara e del Maggiore, quindi anche i pasti per i degenti e la mensa per gli operatori sanitari.
«L’azienda ha attivato tardivamente le procedure di protezione individuale – premette Andrea Blau, segretario provinciale Fisascat-Cisl e componente della segreteria regionale –, a cominciare proprio dalla fornitura delle mascherine. Ma per quanto riguarda il bar non c’è alcuna forma di controllo. In questo periodo di emergenza l’ingresso dovrebbe essere limitato a medici, infermieri e oss: quello non può essere il bar dei triestini che vanno a bere il caffè, perché così si aumenta il rischio del contagio esponendo i dipendenti, sia quelli sanitari che della ristorazione, a un pericolo. Noi non chiediamo la chiusura, ma un monitoraggio. Anche perché spesso non è nemmeno assicurata la distanza di sicurezza, come ad esempio avviene nelle file ai supermercati. Sono gli addetti al bar che si adoperano per questo».
Ma i problemi di sicurezza segnalati dal sindacato vanno ben oltre. E investono anche la sanificazione degli ambienti in cui opera il personale del servizio pasti. «Da quanto ci risulta – rileva ancora il segretario provinciale della Fisascat – al Maggiore non è garantita la pulizia dei carri utilizzati per la distribuzione del cibo nei reparti, per quanto i percorsi all’interno dell’ospedale siano ben definiti. Mancano inoltre i prodotti per la pulizia. Lo stesso bar di Cattinara non è stato sanificato».
Preoccupazione pure sul fronte contrattuale. «La Serenissima, che in Italia gestisce vari appalti, a Trieste ha ridotto gli orari di lavoro», incalza Blau. «È stata attivata la cassa integrazione: i dipendenti stanno a casa a rotazione, con conseguente diminuzione degli stipendi. C’è una scopertura salariale del 20% sulle ore non lavorate». A ciò si aggiungono le criticità sugli straordinari. «L’accordo, che la nostra sigla contesta, prevede che le ore in più non vengano retribuite, ma recuperate facendo stare a casa le persone. Tutto questo sta creando preoccupazione tra i dipendenti».
Il sindacato lamenta tensioni simili all’Area di Ricerca. «L’attività è praticamente ferma. Quindi il servizio mensa, gestito dalla Elior, è ridotto all’osso con ripercussioni sul personale». —
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