I fondi di Orban alla Vojvodina e alla minoranza ungherese

Mauro Manzin
Copyright 2021 The Associated Press. All rights reserved
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TRIESTE. In patria ha evocato il Trattato di pace di Trianon, con cui le potenze vincitrici della Prima guerra mondiale stabilirono le sorti del Regno d’Ungheria in seguito alla dissoluzione dell’Impero austro-ungarico. Il trattato venne firmato il 4 giugno 1920, venendo ritenuto unilaterale e ingiusto anche dai contemporanei. Secondo alcuni storici, contribuì in modo significativo allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Il generale francese Ferdinand Foch commentò: «Questa non è la pace, ma solo un armistizio per 20 anni».

Il premier ungherese Viktor Orbán fa leva sul revanscismo, dopo aver soffiato sulla brace del nazionalismo e patriottismo (leggi sovranismo) del suo Paese. Il leader del partito di maggioranza assoluta Fidesz è in carica dal 2010 e, in vista del voto, “la volpe” questa volta si sente braccata dalla coalizione unitaria formata dalle opposizioni di centrosinistra. Servono voti. E Orbán guarda fuori dai confini di Ungheria per trovarli, agitando il mito di quella Grande Ungheria di imperiale memoria, che venne per l’appunto sfaldata a Trianon.

Ecco allora la grande attenzione per la minoranza magiara che Trianon ha portato a vivere fuori dai confini nazionali. La politica ungherese nei suoi confronti è stata molto coerente negli ultimi 15 anni. Ovunque, dalla Slovacchia, alla Transilvania rumena, dalla Vojvodina allle zone di frontieradella Croazia, fino al Prekmurje, l’Ungheria investe milioni in chiese, attività economiche, associazioni culturali e sportive. Compra terreni, fattorie, trattori, concede investimenti a fondo perduto o mutui a interessi zero.

In Vojvodina (ex provincia autonoma della Jugoslavia) si sta assistendo in particolare al rafforzamento dell’influenza finanziaria ed economica della minoranza ungherese attraverso fondi statali. Questi finanziano uomini d’affari, piccole famiglie e grandi aziende. Gli interlocutori della Vojvodina ci hanno spiegato che dal 30 al 40 percento di tali fondi sono a fondo perduto, il resto senza interessi.

Questo denaro ha creato nell’ultimo decennio un’élite economica che prima era assente nella zona dove vivono gli ungheresi. Tralasciando il fatto che questo crea concorrenza sleale per gli imprenditori locali. Orbán e il suo partito tra gli ungheresi della Vojvodina non è solo un importante fattore politico, per loro è una sorta di Dio assoluto.

Tuttavia, si sa che le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Infatti così operando Orbán ha fatto un calcolo errato, concedendo ai membri della minoranza la cittadinanza, i passaporti e quindi anche il diritto di voto in Ungheria. Se ciò porta acqua al mulino del consenso elettorale, è però un grosso errore sul piano demografico, perché soprattutto i giovani, le forze intelligenti e propulsive, stanno fuggendo in massa in Occidente, e in questo senso i villaggi della Vojvodina condividono il destino dei villaggi di tutta la Serbia. Norbert Šinković, presidente dell’Associazione indipendente dei giornalisti della Vojvodina a Novi Sad, respinge le preoccupazioni popolari che ci siano tendenze espansionistiche nascoste dietro la politica di Orbán in Serbia. «È chiarissimo a Orbán – spiega Šinković – come a qualsiasi politico europeo, che i Paesi non possono semplicemente appropriarsi dei territori di altri Paesi. Vedo tutte queste attività come un tentativo di omogeneizzare gli elettori della diaspora al fine di prevenire una possibile caduta del governo Orbán alle prossime elezioni». —

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